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Politica e Sanità

29 Maggio 2018

Piano cronicità, Rapporto Cittadinanzattiva: senza risposta le difficoltà dei pazienti


I pazienti cronici e con patologie rare non vedono grandi risultati nonostante riforme, atti e provvedimenti, non si sentono al centro del percorso di cura e la spesa per i farmaci (fascia C), le difficoltà nel rilascio del piano terapeutico, le liste d'attesa, l'assistenza domiciliare carente e la scarsa integrazione tra assistenza primaria e specialistica, sono solo alcune delle criticità emerse dal XVI Rapporto nazionale sulle politiche della cronicità "Cittadini con cronicità: molti atti, pochi fatti", presentato a Roma dal Coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici di Cittadinanzattiva, con il sostegno non condizionato di Msd. Al Rapporto hanno partecipato 50 associazioni di pazienti con patologie croniche (52%) e rare (48%), con l'obiettivo di verificare quanto il Piano nazionale delle cronicità, varato di recente, sia ad oggi rispettato nelle sue diverse fasi.

Secondo il 35,7% delle associazioni non si fa prevenzione e nel 98% dei casi sono le stesse associazioni a promuovere programmi di prevenzione e il 73% denuncia ritardi nella diagnosi. Del tutto carente l'integrazione tra assistenza primaria e specialistica (lo denuncia il 95,8%), così come la continuità tra ospedale e territorio (65,1%) e l'assistenza domiciliare (45,8%). L'integrazione sociosanitaria e i Percorsi diagnostici-terapeutici sono attuati solo in alcune realtà (rispettivamente per il 52,2% e il 43,9%). Laddove esistono i Pdta, solo la metà delle persone si sente realmente inserita in un percorso di cura. Ma quando il Pdta si traduce in azioni concrete, gli effetti positivi non mancano: prenotazione automatica di visite ed esami (50%), meno costi diretti (28,5%), diminuzione delle complicanze (21,4%). In tema di assistenza ospedaliera, la metà denuncia lunghe liste di attesa per essere ricoverato, la distanza dal luogo di cura, la mancata predisposizione della dimissione protetta. Sul territorio, le carenze sono evidenti: al primo posto i tempi di attesa, segnalati dal 90%, per accedere alle strutture riabilitative, alle lungodegenze o Rsa, alle strutture semiresidenziali. Non va meglio per l'assistenza domiciliare: in questo caso, infatti, il numero di ore di assistenza erogate risulta insufficiente (61,9%), manca l'assistenza psicologica e quella di tipo sociale (57,1%) è di difficile attivazione e spesso viene negata (52,3%). Per quanto riguarda l'assistenza farmaceutica, in cima ai problemi si trova la spesa economica per farmaci in fascia C (62%), seguita dalla limitazione di prescrizione da parte del medico di medicina generale (58,6%) e la difficoltà nel rilascio del piano terapeutico (48,2%). A detta dell'81,5% delle associazioni, i bisogni psicosociali non vengono presi in considerazione e per il 73,8% la persona, il familiare e il caregiver non vengono coinvolti né sostenuti dal punto di vista educativo e formativo. I disagi psicologici accomunano tutti e sono spesso sottovalutati o del tutto ignorati.

Il recepimento del Piano nazionale Cronicità, dichiara Tonino Aceti, responsabile del Coordinamento nazionale della Associazioni dei Malati Cronici «procede a rilento e a macchia di leopardo: ad oggi solo Umbria, Puglia, Lazio, Emilia Romagna e Marche lo hanno recepito formalmente, mentre il Piemonte ha l'iter di recepimento ancora in corso. I nuovi Lea, che riconoscono nuovi diritti per i cittadini, per una buona parte invece sono ancora totalmente bloccati dalla mancata emanazione dei due decreti per la definizione delle tariffe massime delle prestazioni ambulatoriali e quello dei dispositivi protesici. E ancora mancano gli accordi di Stato e Regioni sui criteri per uniformare l'erogazione delle prestazioni demandate alle regioni che, se approvati, potrebbero ridurre iniquità e oneri inutili per i cittadini». (SZ)

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