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Politica e Sanità

16 Novembre 2011

Un primo successo in Europa


Dura ormai da anni la vicenda delle procedure di infrazione contro l’Italia a proposito dell’organizzazione del servizio farmaceutico. Anni in cui il principio della riserva della titolarità a farmacisti e società di farmacisti è stata additata come una violazione della libertà di stabilimento, cioè di impresa. Anni in cui l’azione comunitaria si era saldata con la fase delle cosiddette liberalizzazioni. Ora, però, le tesi della Commissione Europea subiscono una prima battuta d’arresto: le conclusioni di Yves Bot, Avvocato generale della Corte di Giustizia, un ruolo assimilabile al pubblico ministero, ha raccomandato di lasciar cadere gli addebiti. A suo avviso, infatti, la scelta di porre questo vincolo non contrasta con il Trattato europeo, e rientra nella libertà lasciata agli stati membri di decidere il livello di tutela della salute garantito ai cittadini e anche le modalità organizzative per raggiungerlo. Se è vero che la riserva a favore dei farmacisti limita la libertà di stabilimento, lo fa in una misura adeguata all’obiettivo della tutela della salute. Nelle motivazioni, Bot entra nel merito sottolineando "l''importanza di garantire la neutralità della consulenza farmaceutica, vale a dire una consulenza competente e oggettiva". E sostiene che le norme italiane e tedesche "garantiscono l''indipendenza delle farmacie, rendendone la struttura economica impermeabile alle influenze esterne provenienti, per esempio, dai produttori di medicinali o dai grossisti". Secondo l’avvocato generale, inoltre, "il semplice obbligo della presenza di un farmacista stipendiato, per lo svolgimento di compiti che implicano un rapporto con i terzi, non è idoneo a garantire, allo stesso modo, in termini di qualità e di neutralità dell''azione di distribuzione dei medicinali, l''adeguato rifornimento di farmaci alla popolazione. Poich� non padroneggia la politica commerciale della farmacia ed è tenuto nei fatti ad applicare le istruzioni del suo datore di lavoro, non sarebbe escluso che un farmacista stipendiato che lavora in una farmacia gestita da un non farmacista sia indotto a privilegiare l''interesse economico a discapito delle esigenze connesse all''esercizio di un''attività farmaceutica". “E’ significativo - ha dichiarato il vicepresidente della FOFI, Andrea Mandelli - che l’Avvocato Generale suggerisca alla Corte di rinunciare al sindacato su norme nazionali che, ove modificate, andrebbero a sconvolgere gli assetti giuridici politicamente e democraticamente determinati dai Paesi, riconosca il primato dei Paesi Membri, nella definizione dei principi e delle norme che regolano il settore della salute e, quindi, anche della farmacia. Quanto alle argomentazioni sull’indipendenza del farmacista, vanno a sovrapporsi esattamente a quanto la Federazione ha sostenuto in questi mesi”. La sanità, insomma, deve restare materia di competenza degli Stati membri, che possono determinare autonomamente il livello di tutela della salute da perseguire e gli schemi organizzativi per conseguirlo. Non è possibile, dunque, assoggettare indiscriminatamente il servizio farmaceutico alle leggi del mercato e della concorrenza. “Siamo lieti di questo risultato” ha commentato ancora Mandelli “che premia l’azione della Federazione, che si è mossa immediatamente sul piano nazionale e comunitario per sostenere le ragioni che ora vediamo riconosciute. Ci auguriamo che la Corte segua il medesimo orientamento nella sua sentenza definitiva, attesa per la primavera del 2009. Per il momento è d’obbligo ringraziare tutto il Comitato centrale della FOFI e gli Uffici federali per l’ottimo lavoro svolto in una circostanza non facile, e l’avvocato Antonella Anselmo dello Studio Lemme per il prezioso supporto legale”.

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