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Politica e Sanità

05 Aprile 2019

Capitali in farmacia, nella proposta M5S paletto del 51% ai farmacisti


Capitali in farmacia, la proposta di legge del movimento cinque stelle prevede per i farmacisti il possesso del 51% delle quote

L'obiettivo è quello di «assicurare, nella compagine sociale e quindi nella vita societaria» della farmacia «un maggior peso decisionale ai soci farmacisti professionisti rispetto agli altri soci» non farmacisti, perché «come più volte sancito dalla giurisprudenza interna, ma anche comunitaria, la gestione professionale a cura del farmacista rappresenta la garanzia per il corretto espletamento del servizio farmaceutico». È questo alla base della riproposizione da parte dell'on. Giorgio Trizzino (M5S) della misura - questa volta nella forma di una proposta di legge depositata alla Camera - per «introdurre un argine alla presenza di capitali nel settore delle farmacie, con l'obbligo del possesso del 51% delle quote di ogni farmacia a farmacisti iscritti all'albo».
Come si ricorderà, Trizzino, insieme ad altri parlamentari, di Camera e Senato, qualche mese fa avevano tentato di inserire paletti alle società di capitale attraverso emendamenti presentati sia alla Legge Bilancio sia al Dl Semplificazioni. Tentativi che sono stati frenati, come scrive lo stesso onorevole sulla sua pagina Facebook, per «omogeneità» rispetto alle leggi che li avrebbero ospitati.
Nella seduta della Camera del 29 marzo, la proposta di legge, dal titolo "Modifiche alla titolarità e alla gestione delle farmacie di cui all'art. 7 della legge n. 362 del 1991 recante norme di riordino del settore farmaceutico" - il cui testo è stato anticipato da alcune testate di settore - è stata annunciata alla Camera, anche se al momento, da quanto si legge nel Resoconto, non ha ricevuto sottoscrizioni da altri politici. Il dispositivo si compone di un articolo e prevede, come del resto i precedenti emendamenti, che «almeno il 51% del capitale sociale e dei diritti di voto» debba essere in capo a «soci farmacisti iscritti all'albo. Il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci farmacisti professionisti nel termine perentorio di sei mesi. In caso d'intervenuto scioglimento della società, l'Autorità competente revoca l'autorizzazione all'esercizio di ogni farmacia di cui la società sia titolare». Per quanto riguarda poi le società già costituite «alla data di entrata in vigore della presente legge, sono tenute ad adeguarsi entro e non oltre trentasei mesi dall'entrata in vigore della medesima legge. In caso di mancato adeguamento alle predette società si applica una sanzione di 50.000 euro».
«Sia io» è il suo commento sulla pagina FB «sia il Senatore Steni Di Piazza, che aveva presentato la stessa misura come emendamento al Senato, siamo fermamente convinti dell'urgenza di tale provvedimento». La proposta di legge «quanto prima sarà discussa e servirà a limitare il rischio che le multinazionali dilaghino nel settore. Il nostro obiettivo è tutelare i farmacisti italiani, senza penalizzare chi sceglie di investire nel nostro Paese».
D'altra parte, ha ricordato nella relazione, «la legge concorrenza del 2017, ad oggi, prevede la possibilità per ciascuna società di capitali di possedere fino al 20% delle farmacie presenti a livello regionale. Un tetto che secondo la stessa Fofi potrebbe consentire a cinque società di controllare tutte le 20.000 farmacie italiane aprendo la strada alla creazione di oligopoli, con una forte prevalenza degli obiettivi di profitto e di mercato e con conseguenze negative per la qualità del servizio reso alla popolazione». Mentre, «una maggioranza della componente professionale all'interno delle società che possiedono farmacie può rappresentare un importante correttivo per salvaguardare e potenziare la capillare rete delle farmacie di comunità, integrata nel Sistema Sanitario Nazionale coerentemente con la sua mission di continua risposta alle esigenze dei cittadini».

Francesca Giani

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