Farmaci e dintorni
10 Maggio 2016Il caso clinico di un ventiquattrenne statunitense con storia di dipendenza da oppiacei portato in pronto soccorso per un arresto respiratorio potrebbe sembrare uno dei tanti, ma è invece stato pubblicato sulle pagine degli Annals of Emergency Medicine per un insolito particolare: accanto al paziente sono state trovate mezza dozzina di scatole vuote di loperamide, un farmaco antidiarroico. Gli autori del case report ipotizzano che il composto sia collegato all'abuso di sostanze, magari per alleviare i sintomi della dipendenza. Dotazione obbligata dei viaggiatori all'estero per la sua capacità di bloccare la diarrea in tempi rapidi, il farmaco è ora al centro dell'attenzione degli esperti statunitensi: secondo medici e farmacisti nordamericani, infatti, la loperamide viene usata sempre più spesso per ridurre i sintomi della dipendenza da antidolorifici oppiacei come idrocodone e ossicodone, oppure per ottenere un'euforia chimica.
«L'elevata accessibilità al medicinale, da banco e di basso costo, nonché la mancanza di stigma sociale contribuiscono al potenziale di abuso» esordisce William Eggleston, autore dello studio e farmacista all'Upstate New York Poison Center, che assieme ai colleghi definisce pericoloso l'abuso di loperamide. Certo, il principio attivo del farmaco è un oppiaceo, anche se con un meccanismo d'azione confinato all'intestino. Tant'è che dagli studi registrativi sottoposti alla Food and Drug Administration per l'approvazione del medicinale nel 1970, era emerso un basso rischio di dipendenza a causa, si supponeva, di uno scarso passaggio della barriera ematoencefalica. Ma ora le cose sembrano diverse, e nel 2013 la loperamide si è guadagnata sul web il soprannome di metadone dei poveri, con picchi di auto-somministrazione tra 70 e 100 milligrammi contro i 16 al massimo raccomandati giornalmente contro la diarrea. «Le persone in cerca di forme di auto-trattamento dei sintomi di astinenza o a caccia dello sballo eccedono pesantemente nei dosaggi, con conseguenze anche mortali» conclude Eggleston.
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