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Politica e Sanità

15 Novembre 2011

La Commissione non risponde a tono


Nell’attesa che si arrivi a una svolta nelle diverse procedure di infrazione che la Commissione europea ha avviato a proposito dell’assetto dei servizi farmaceutici nazionali, in seno allo stesso Parlamento europeo non c’è concordia sulla linea fin qui seguita

Ultima in ordine di tempo, l’interrogazione orale di Cristina Guti�rrez-Cortines, eurodeputata spagnola del Partito popolare europeo, alla quale la Commissione ha risposto pochi giorni fa. “Di fronte alla procedura di infrazione aperta dalla CE e dalla DG Mercato interno, che pretende di liberalizzare le farmacie facendo crollare una struttura e un sistema che serve perfettamente il cittadino e  contribuisce  perfettamente alla  qualità del servizio farmaceutico” ha chiesto Gutierrez-Cortines. “La Commissione vuole fare di questo settore un mercato perfetto regolato dalla legge della domanda e dell’offerta in cui la salute dei cittadini e i valori e i principi concordati dal Consiglio dell’UE siano un fattore marginale? La Commissione crede che sia possibile modificare il trattato (articolo 152) sulla base di procedure di infrazione e scavalcando le istituzioni legislatrici vale a dire il Consiglio, il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali?”. Difficile essere più chiari, e difficile essere più sfuggenti di quanto non sia la risposta della Commissione. “Obiettivo delle procedure di infrazione è quello di assicurare la conformità delle legislazioni nazionali in materia di stabilimento delle farmacie con le libertà fondamentali sancite dal Trattato” si legge. “La Commissione ha ricevuto, e continua a ricevere, una serie di denunce da parte dei cittadini europei i quali lamentano che le condizioni per lo stabilimento dei farmacisti in alcuni Stati Membri sarebbero discriminatorie, poco trasparenti o ingiustificatamente restrittive e, pertanto, violano le loro libertà fondamentali. E'' dovere della Commissione, in quanto custode del Trattato CE, assicurare, se necessario, anche per mezzo delle procedure di infrazione che le libertà fondamentali già conferite ai cittadini vengano rispettate, al di sopra e al di là dell''esistenza di uno strumento legislativo di diritto derivato sulla stessa materia. Questo non implica che la Commissione considera tali servizi sanitari di prima linea non suscettibili dell''applicazione di disposizioni sanitarie proporzionate, al fine di assicurare accessibilità e, in generale, il più alto livello di prestazione dei servizi farmaceutici ai cittadini, nel senso più largo del termine”. In realtà la domanda dell’eurodeputata viene del tutto ignorata, in quanto si parla di violazioni dei diritti di cittadini, quando si dovrebbe piuttosto parlare di gruppi economici, e si tralascia di rispondere se si intende o meno passare al mercato perfetto nel settore del farmaco.

Non è più esauriente il passaggio finale: “Riguardo precisamente l''art. 152 del TCE, citato dall''Onorevole Parlamentare” scrive la Commissione, è bene ricordare che la Corte di Giustizia Europea ha già avuto l''opportunità di chiarire, con una recente sentenza del 16 maggio 2006, che se da un lato, ai sensi dello stesso articolo 152 TCE, l''azione della Comunità nel campo della salute pubblica rispetta appieno le competenze degli Stati Membri per quanto attiene l''organizzazione e la fornitura dei servizi sanitari e delle cure mediche, tale disposizione non esclude che agli stati Membri possa essere richiesto, in forza di altre disposizioni del Trattato, di apportare degli aggiustamenti ai propri sistemi nazionali di previdenza sociale”. Il punto è tutto qui: quali altre disposizioni possono indurre a modificare sistemi sanitari e modalità di dispensazione delle cure mediche? Sicuramente la tutela del diritto alla salute, la maggiore efficienza dei mercati, no.

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