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Nutrizione

10 Dicembre 2014

Vitamina D: niente è come il sole


Sono 5 i composti ad azione vitaminica, tutti riconducibili a quella che comunemente chiamiamo vitamina D: i più importanti per l'uomo sono l'ergocalciferolo (D2), la forma predominante nei vegetali e il colecalciferolo (D3) sintetizzato negli organismi animali grazie all'azione dei raggi solari (le altre sono la D1, un mix di ergocalciferolo e lumisterolo in parti uguali, il diidroergocalciferolo o D4 e il sitocalciferolo o D5). Sono composti che necessitano di due passaggi successivi di idrossilazione (prima nel fegato e poi nel rene), per trasformarsi nell'ormone calcitriolo o 1,25 (OH)2D, cioè la forma biologicamente attiva della vitamina in grado di regolare l'omeostasi delle ossa e il metabolismo del calcio. Scoperte più recenti, molte delle quali ancora da approfondire, indicano che gli stati di carenza possono aumentare il rischio di diabete di tipo 2, infarto, ictus, malattie immunologiche e sindrome metabolica, per dirne alcune, rivelando un suo importantissimo ruolo extra-scheletrico, attribuito per lo più alla forma D3. Persistono in Europa e negli Stati Uniti forme di carenza meno eclatanti di un tempo (non danno più luogo a rachitismo, soprattutto nei bambini), ma comunque molto diffuse specie in alcune fasce della popolazione. In alcuni paesi la fortificazione è prevista per legge, non in Italia, dove comunque esistono in vendita prodotti alimentari arricchiti (per lo più è usata la forma D3). Nell'uomo la vitamina D3 è sintetizzata dall'organismo grazie all'azione fotochimica dei raggi UvB sulla cute, che trasformano il 7-deidrocolesterolo presente, con un efficienza elevatissima e proporzionale alle ore di esposizione (3 ore al sole di braccia, mani e volto producono la quantità di vitamina sufficiente ad una settimana); trasformazione che diminuisce con l'età o se la pelle è abbronzata o molto pigmentata. È il sole dunque la fonte principale di vitamina D, apportando fino all'80% del fabbisogno, tanto che basterebbe una regolare esposizione per garantire i fabbisogni giornalieri. La produzione endogena però varia in base alla stagione, alla latitudine o alle condizioni di vita (anziani, malati costretti a letto, malattie che interferiscono con l'assorbimento), a stili di vita sedentari (scarsa attività all'aperto) o nei bambini nati da madri con poca vitamina D, allattati al seno e non esposti al sole. Sebbene gli alimenti non siano particolarmente ricchi, sono una fonte non trascurabile, soprattutto nei mesi invernali o se fortificati appositamente. Il pesce è una delle risorse di vitamina D più abbondanti: a parte l'olio di fegato di merluzzo (210 mcg100) oggi in disuso, tonno, salmone, sgombro, aringhe e pesce spada ne contengono fino a 25 mcg/100g. Il tuorlo d'uovo ne è ricco (1,75 mcg/100g) mentre povera di vitamina D è la carne (bianca in special modo). Fra i latticini burro (0,75 mcg /100g) e formaggi grassi (0,5 mcg /100g) costituiscono la fonte principale, i restanti (es. yogurt) si prestano facilmente a fortificazioni, sempre più spesso proposte ai consumatori. Alcuni funghi commestibili contengono vitamina D2 in buone quantità, in grado di aumentare considerevolmente, se sottoposti a irraggiamento. Secondo la revisione 2014 dei Larn (Livelli di assunzione di riferimento per la popolazione italiana) l'assunzione raccomandata giornaliera (Pri) espressa in microgrammi di colecalciferolo (1 mcg di colecalciferolo = 40 IU vit. D) è pari a 15 per le diverse fasce di popolazione (bambini-adolescenti, adulti, donne in gravidanza e allattamento) ad eccezione dei lattanti (10 mcg) e degli adulti sopra i 75 anni (20 mcg); il fabbisogno medio (Ar) per tutti è invece pari a 10 mcg /die (sia Pri, sia Ar comprendono sia gli apporti alimentari sia la sintesi endogena nella cute).

Francesca De Vecchi - esperta in scienze dell'alimentazione

www.sinu.it

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