Politica e Sanità
16 Novembre 2011La pubblicità diretta al pubblico sui farmaci con obbligo di ricetta, consentita solo negli Stati Uniti e in Nuova Zelanda e oggetto di dibattito in Europa, non ha effetti sensibili sul numero delle prescrizioni che vengono effettuate dai medici, ma costringe solo le industrie produttrici a innalzare i prezzi dei loro medicinali
E'' quanto emerge da uno studio condotto dalla University of British Columbia di Vancouver (Canada), che appare sulla rivista Archives of Internal Medicine. Si prenda ad esempio l''antiaggregante clopidogrel di Bristol-Myers Squibb/Sanofi-Aventis: è apparso sul mercato nel 1998, ma le campagne promozionali avviate nel 2001 non hanno dato risultati significativi quanto ad aumento delle vendite. Viceversa, un sensibile aumento del prezzo di questo farmaco è stato registrato proprio dopo che le due società hanno iniziato a mandare in onda gli spot su radio e tv: secondo i calcoli dell''autore della ricerca, Michael Law, la pubblicità su questo prodotto è costata al programma americano di assistenza sanitaria Medicaid un extra di 207 milioni di dollari fra il 2001 e il 2005. Dalle analisi emerge infatti che il prezzo del clopidogrel è aumentato del 12% subito dopo il 2001, con tutta probabilità per coprire i costi della promozione, pari a 350 milioni di dollari sempre fra il 2001 e il 2005. La spesa totale delle aziende farmaceutiche americane in pubblicità è aumentata del 330% negli ultimi 10 anni e nel 2006 il Government Accountability Office ha calcolato che per ogni dollaro speso in spot, se ne guadagnano due in vendite. Ma nel settembre 2008 un precedente studio, guidato sempre da Law, ha evidenziato per la prima volta come questa pratica, nei fatti, non paghi.
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