Politica e Sanità
16 Novembre 2011Ci vogliono in media 2-3 anni prima che un paziente italiano possa avere accesso a un farmaco oncologico innovativo, a partire dal momento in cui il prodotto viene analizzato dall''Agenzia europea del farmaco (Ema). Ma se il medicinale viene introdotto in regime di risk-sharing, con l''azienda produttrice che si assume e rimborsa al Servizio sanitario nazionale il rischio di mancato successo della terapia, il prodotto arriva al malato più velocemente. E'' quanto dimostra, con dati statisticamente rilevanti, uno studio condotto dall''Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e dal Ceis-Sanità dell''università Tor Vergata di Roma, illustrato a Roma da Francesco Saverio Mennini, fra gli autori dell''indagine e professore incaricato di Politica economica dell''ateneo capitolino, in occasione del convegno Market Access, un anno dopo: un bilancio sulle figure professionali, il prodotto e gli interlocutori organizzato da Business International. "L''obiettivo principale dello studio - ha detto Mennini - era identificare e analizzare tutte le fasi attraverso cui un farmaco oncologico deve passare, dalla valutazione in sede europea fino all''accesso ai pazienti di ogni Regione italiana. E'' stato preso in considerazione un panel di medicinali approvati dall''Ema nel periodo 2006-2008 e sono state esplorate tutte le fasi di passaggio: quella attraverso l''Ema, poi l''Aifa e infine le singole Regioni. Dai risultati emerge che il tempo medio necessario affinch� un paziente possa avere accesso a un farmaco innovativo oncologico è di 2-3 anni, con l''Ema che assorbe il 32% del tempo e l''Aifa il 28%. Mentre a livello regionale sono state riscontrate le maggiori variabilità. Ma quello che evidenzia l''indagine - ha concluso l''esperto - è anche che un farmaco oncologico autorizzato in regime di risk-sharing gode di un accesso più veloce, mentre il prezzo elevato è fra gli elementi che rallentano maggiormente l''iter".
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