Politica e Sanità

16 Novembre 2011

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Sirolimus, farmaco antirigetto usato nel trapianto renale, è in grado di proteggere l’organo emuntore da una frequente malattia genetica che porta negli anni a necessità di dialisi, il rene policistico bilaterale dominante (Adpkd, autosomal dominant polycistic kidney disease). Lo conferma uno studio, di imminente pubblicazione sul Journal of the american society of nephrology, effettuato a Bergamo presso l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri (Unità di Nefrologia) e gli Ospedali riuniti. Recenti ricerche avevano dimostrato che la formazione e la crescita delle cisti, che nei malati sostituiscono con il tempo il tessuto normale alla nascita, è controllata dalla proteina enzimatica mTor (mammalian target of rapamycin), molecola a sua volta bloccata da sirolimus (originariamente chiamato rapamicina). Il team di Bergamo ha voluto verificare se il trattamento con l’immunosoppressore potesse portare beneficio ai pazienti con Adpkd. Nel trial clinico randomizzato crossover denominato Sirena (Sirolimus treatment in patients with autosomal dominant polycistic kidney disease: Renai Efficacy and Safety) sono stati confrontati, in 21 pazienti, gli effetti di 6 mesi di trattamento con sirolimus o con la sola terapia convenzionale, paragonando gli esami Tc eseguiti all’inizio e al termine della sperimentazione. Nei 15 soggetti che hanno portato a termine il protocollo, la terapia con sirolimus è apparsa in grado di frenare la crescita delle cisti renali e di aumentare il volume delle strutture parenchimali essenziali per la salute dell’organo, con un trend complessivo di rallentato aumento di volume totale del rene. I ricercatori ritengono che sirolimus permetta al tessuto sano di espandersi in quanto lo libera dall’effetto compressivo delle cisti circostanti.