Politica e Sanità
16 Novembre 2011Sembra restare incerto il ruolo che le farmacie andranno a recitare nel servizio sanitario britannico una volta conclusa la riforma lanciata di recente dal governo Cameron. Soprattutto, non è ancora chiaro quali rapporti si instaureranno tra le farmacie del territorio e i “Gp consortia”, i consorzi di Medicina generale che nel nuovo Nhs gestiranno circa l’80% dell’intero budget sanitario. Le linee della riforma, che si dispiegherà completamente nel giro di due-tre anni, prevedono infatti lo smantellamento delle Strategic health authorities e dei Primary care trusts (in pratica, è come se in Italia fossero cancellate con un tratto di penna Asl e direzioni sanitarie regionali); al loro posto verranno istituiti circa 500 consorzi delle Cure primarie, ossia raggruppamenti di medici associati, ai quali sarà demandata la committenza delle prestazioni sanitarie dirette ai loro pazienti e il relativo finanziamento, dalle cure ospedaliere alla specialistica, dalla diagnostica alla farmaceutica. In questo quadro, ciò che più preme ai farmacisti britannici è capire quale posto andranno a occupare nel sistema e in particolare se sarà garantita loro una rappresentanza negli organismi di governo dei consorzi, dove si deciderà quali servizi comprare per l’assistenza sul territorio e a quale prezzo. Finora, tuttavia, le indicazioni del governo sono state evasive: in risposta a un’interrogazione parlamentare, il ministro della Salute, Simon Burns, si è limitato ad assicurare che i farmacisti reciteranno un ruolo «vitale» nei processi di committenza dei consorzi, aggiungendo però che questi raggruppamenti si avvarranno delle competenze di altri specialisti del comparto sanitario secondo le modalità che riterranno più opportune.
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