Politica e Sanità
16 Novembre 2011L’obiettivo della riforma che impernierà la remunerazione delle farmacie su un sistema misto (quota fissa a confezione più margine) dev’essere quello di garantire ai titolari le risorse con cui mantenere l’attuale efficienza distributiva e farsi carico dei nuovi servizi. Per capire meglio l’orientamento del sindacato sul tema, Farmacista33 è andato a bussare alla porta di Piero Brunello, commercialista, presidente della Sose (Società per gli studi di settore) e consulente del gruppo di lavoro che in Federfarma si sta occupando della riforma.
Come immaginerà, la domanda più diffusa tra i titolari quanto si parla di remunerazione è semplice: a quanto ammonterà la quota fissa? E di quanto scenderà il margine sul prezzo?
Come già detto alla Convention, sono domande alle quali per ora non è possibile rispondere. La prima parola spetta alla controparte pubblica.
Capisco: strategie da trattativa sindacale…
Per nulla. Il fatto è che noi partiamo da un principio: alle farmacie va garantita una remunerazione che da un lato mantenga gli attuali livelli di efficienza nella dispensazione del farmaco e, dall’altro, copra i costi dei fattori di produzione per i nuovi servizi. Insomma, la parte pubblica dovrà dirci che cosa vuole che facciano le farmacie e noi su quello parametreremo le cifre. Mi creda, i numeri in sé non sono un problema.
Attualmente la remunerazione delle farmacie varia sensibilmente da regione a regione, soprattutto se si prende come riferimento il valore medio della ricetta Ssn. Questo rappresenta una complicazione rispetto alle vostre simulazioni?
La variabile locale ha un peso ma siamo in un’epoca in cui in Sanità la parola d’ordine è “costi standard”. Al sistema va restituita coerenza e uniformità.
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