Politica e Sanità
16 Novembre 2011«Non sono un ultraliberista e ho in grande considerazione la Sanità pubblica. E i farmacisti: hanno tutte le risorse per diventare i protagonisti del cambiamento in atto nel servizio sanitario». Chi parla non è il solito politico in cerca di simpatie ma Nicola Salerno, l’economista del Cerm che più si è distinto per le sue battaglie contro la Pianta organica, dalla polemica dell’estate scorsa sull’inefficienza della distribuzione ai due recenti articoli sulle sentenze europee che in tema di farmacie hanno dato ragione alle normative di Spagna e Italia. Farmacista33 lo ha intervistato per i suoi lettori.
Dottor Salerno, lei sostiene che per aprire le farmacie alla concorrenza non basta eliminare alcune delle regole che ne difendono l’attuale assetto, come fanno Antitrust e Commissione europea, ma rivedere completamente il sistema. Qual è allora la farmacia che lei auspica?
«Innanzitutto vedo una farmacia senza riserve sulla titolarità: la gestione del farmaco va lasciata alla competenza professionale del farmacista ma non c’è ragione valida per escludere dalla gestione dell’impresa farmacia, dalla sua proprietà, il capitale e i soggetti che hanno capacità o aspirazioni imprenditoriali. Non c’è neanche motivo per limitare la titolarità dei presidi alle sole società di persone, escludendo spa e srl, né c’è ragione valida per vietare la formazione di catene ben più larghe dei quattro esercizi per provincia o per impedire alla distribuzione intermedia la proprietà delle farmacie. E infine, immagino una farmacia senza Piante organiche o regole che ingessano la concorrenza».
Secondo i titolari, la Pianta organica e le barriere alla concorrenza servono a garantire una copertura del territorio omogenea e capillare. Con il mercato, le farmacie più piccole o disagiate sarebbero costrette a chiudere…
«Non posso credere che esistano farmacie che fanno fatica ad arrivare a fine mese. Ci crederò solo quando vedrò i loro conti. Può darsi invece che ci siano farmacie gestite in modo antieconomico, ma competizione e mercato servono proprio a incentivare le economie di scala, a introdurre meccanismi virtuosi nella gestione dell’impresa. Anch’io credo che i nuovi servizi in farmacia siano una grande opportunità: i farmacisti possono sviluppare nuovi mercati con un ammortamento dei costi fissi, hanno tutte le competenze per offrire alla comunità servizi che oggi il Ssn eroga a costi molto più onerosi».
Si fa ancora fatica a capire come possa sopravvivere in uno scenario competitivo come quello che lei disegna una farmacia collocata in un paesino di mille anime…
«Nelle aree più disagiate si possono prevedere meccanismi di remunerazione o tutele dirette a sostenere i piccoli presidi. Ma queste protezioni devono valere solo dove il mercato non riesce ad arrivare. E in questi casi, poi, c’è anche il pubblico: le farmacie comunali erano nate proprio per assicurare la copertura del servizio dove non c’era margine per le dinamiche imprenditoriali».
Troppo comodo: dove si può far profitto spazio all’impresa, dove si rischia la passività intervenga il pubblico. Paga sempre la collettività…
«Lei parla di passività, io parlo di allocazione redistributiva: è compito del pubblico aiutare chi è svantaggiato. E le risorse si possono recuperare favorendo la competizione dove c’è spazio per farlo: si innesca la concorrenza sui margini e si recuperano risorse da ridistribuire nelle zone sfavorite. Dove le farmacie possono essere gestite dai comuni o anche dagli ospedali».
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