Politica e Sanità
16 Novembre 2011L’allarme era già suonato al convegno su privacy e nuovi servizi organizzato da Federfarma il 16 febbraio scorso: le modifiche apportate dal Garante al decreto sul Cup rischiano di tagliare fuori dai servizi di prenotazione le piccole farmacie, che non hanno né gli spazi né le risorse per ottemperare a obblighi quali la postazione dedicata, le distanze di rispetto e la raccolta del consenso informato. E se per ora in Federfarma e Sunifar si preferisce rimandare i commenti al termine di un’attenta lettura della bozza di decreto (anticipata ieri da Il Sole-24 Ore), dal quotidiano on line affariitaliani.it arriva un articolo che getta ombre poco lusinghiere sulle scelte dell’authority in materia di tutela della privacy. Il servizio prende le mosse da un fatto di cronaca, la scoperta di alcuni scatoloni pieni di fascette adesive con il logo del ministero della Salute accanto a un cassonetto della spazzatura di Roma. Una breve indagine e il quotidiano scopre che si tratta delle “pecette” volute nel 2003 dal Garante per accompagnare le nuove ricette a lettura ottica: con queste etichette, suggerite direttamente dall’authority, i medici avrebbero dovuto coprire la parte della prescrizione contenente i dati anagrafici dell’assistito, ovviamente nel caso in cui quest’ultimo l’avesse richiesto. La verità, però, è che nonostante siano passati più di sette anni dall’introduzione dei nuovi ricettari, non si trova un medico che ricordi di aver mai usato le fascette adesive. Forse è mancata un’informazione adeguata ai pazienti sulle nuove tutele consentite dai ricettari, forse – più verosimilmente – nessuno sente il bisogno di proteggere la propria riservatezza fino ai livelli immaginati dall’authority, fatto sta comunque che per ogni blocco di ricette consegnato dall’Asl i medici continuiano a ricevere una mazzetta di adesivi che sanno già verrà buttata nel cestino. Assieme ai soldi spesi per stamparli.
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