Con un atto di indirizzo ad hoc, la Regione Lombardia fissa a "22 settimane più 3 giorni" il "termine ultimo di effettuazione delle interruzioni volontarie di gravidanza (il cosiddetto aborto terapeutico, articolo 6b della legge 194), ad eccezione dei casi in cui non sussiste la possibilità di vita autonoma del feto" Il provvedimento - annunciato ieri dal presidente lombardo, Roberto Formigoni - estende a tutte le strutture lombarde la soglia massima entro cui procedere all''aborto già adottata a Milano dagli ospedali Mangiagalli (Fondazione Policlinico) e San Paolo. Una delibera approvata dalla Giunta, inoltre, ha stanziato 8 milioni di euro di risorse aggiuntive per potenziare l''attività di sostegno alla donna nei consultori attivi sul territorio regionale, per aumentare il loro numero e le loro prestazioni: "Le risorse - sottolinea la Regione - passano così dagli attuali 56 milioni a 64". "Inopportuno e imprudente. Non puntuale e affrettato rispetto ai tempi". Così Gianpaolo Donzelli, professore di Medicina neonatale e pediatria preventiva all''università degli Studi di Firenze, commenta l''atto di indirizzo. Donzelli è uno dei ''papà'' della Carta di Firenze sulle cure perinatali nelle età gestazionali estremamente basse. Dunque di quel documento sottoscritto dalle principali società scientifiche italiane, che fissa alcuni criteri per i medici su cosa fare o non fare in caso di feti fortemente prematuri. Un testo su cui il ministro della Salute Livia Turco ha chiesto un parere al Consiglio superiore della sanità (CSS). Oltre ad aver istituito un gruppo di studio ad hoc. Quella della Lombardia è una iniziativa inopportuna, imprudente e affrettata, rimarca Donzelli "proprio perch� è già in atto un dibattito nazionale su questi temi, con la commissione ministeriale, il Css e il Comitato nazionale di bioetica coinvolti. Del resto - prosegue il neonatologo - Formigoni l''aveva preannunciato. Ma questa iniziativa - aggiunge - costituisce uno degli effetti più perversi della devolution sanitaria. In più rappresenta uno dei modi più scorretti per affrontare questi temi, in chiave emotiva o di appartenenza politica. E mai, invece - incalza - in maniera rigorosamente scientifica, delineando il percorso migliore per il bene dei cittadini". "L''importante è che, con l''atto approvato oggi dalla Regione Lombardia, non si tenti di svuotare il medico delle sue responsabilità". Ha invece commentato Francesco D''Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica e ordinario di Filosofia del diritto all''Università Tor Vergata di Roma "Attenzione - avverte il bioeticista - non è la politica a dire chi può sopravvivere, ma la valutazione del medico caso per caso, affidata alla sua responsabilità e non al libero arbitrio". D''Agostino però definisce "benemerito il provvedimento se serve a invertire una prassi consolidata negli anni di applicazione della legge 194 sull''interruzione volontaria di gravidanza, che vede prevalere sempre e comunque l''interesse della donna ad abortire su quello del neonato a nascere e sopravvivere". Dunque un atto che, "in quanto amministrativo non può modificare n� chiarire quanto dice la legge che - precisa il bioeticista - è invece molto chiara, e stabilisce che ogni volta che il bambino può sopravvivere autonomamente, il medico ha l''obbligo di intervenire". Dunque, conclude D''Agostino, "in generale la politica favorisca la vita, ma senza presumere linee guida e protocolli che invece spettano ai medici".
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