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Politica e Sanità

16 Ottobre 2014

Ricerca farmacologica: società scientifiche indichino le aree critiche


Ricerca e industria sono due fattori chiave per lo sviluppo dell'innovazione scientifica nel mondo del farmaco e spetta alle società scientifiche indicare quali aree terapeutiche hanno le maggiori necessità di nuovi trattamenti. È questo il messaggio emerso dal convegno "La ricerca farmacologica italiana e il contributo del Giappone allo sviluppo della salute in Italia", tenuto ieri a Roma e promosso dalla Società italiana di farmacologia (Sif) con il contributo non condizionato di Otsuka Italia. Secondo il presidente della Sif Francesco Rossi, «abbiamo necessità di nuovi farmaci che siano efficaci, ma anche sicuri per il paziente, riuscendo a creare un giusto equilibrio tra rischi e benefici. L'accettabilità della terapia, ad esempio, in ambito psichiatrico è molto importante e la ricerca deve guardare anche questi aspetti». Nel corso del Convegno, di neuroscienze si è parlato molto: «la ricerca nell'ambito del sistema nervoso centrale deve diventare una priorità nell'agenda politica non soltanto italiana, ma anche europea, - si augura il presidente eletto della Federazione europea di neuroscienze (Fens) Monica Di Luca - solo con un network scientifico di alta qualità si potrà disinnescare la 'bomba sociale' rappresentata da queste patologie, che riguardano circa 179 milioni di europei, con costi sanitari che ammontano a quasi 800 miliardi di euro l'anno». È opinione comune che le patologie psichiatriche siano inguaribili ma, come afferma Mario Maj, non è così: «la psichiatria, nelle sue espressioni migliori, è molto cambiata negli ultimi decenni e sta continuamente cambiando, riguardo a target della disciplina, diagnosi, ricerca, interventi e l'impostazione dell'assistenza, anche se questa evoluzione non si è verificata in modo omogeneo, per cui in diversi contesti esiste un divario tra i nuovi standard e la pratica corrente». Oltre alle patologie del Snc, ne esistono altre che, data la loro bassa incidenza, sono definite "rare", ma non per questo sono meno gravi e invalidanti. Questo porta come conseguenza il fatto che, nella maggior parte dei casi, siano poco considerate, poco studiate e, purtroppo, spesso mal curate. «Nelle malattie rare, comprese quelle renali - denuncia Antonio Santoro, presidente della Società italiana di nefrologia (Sin) - non vi è solo carenza di diagnosi appropriate, ma anche di trattamenti specifici».

Renato Torlaschi

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