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24 Gennaio 2023

Covid, scoperto recettore chiave legato alla trombosi. Le nuove prospettive di cura


Uno studio italiano ha scoperto che la proteina Spike del Sars-CoV-2 si lega a un recettore delle piastrine causandone l'attivazione e la trombosi. Lo studio italiano


Durante la pandemia Covid è stato osservato che le maggiori complicanze dell'infezione derivavano da una risposta infiammatoria eccessiva del sistema immunitario che può portare alla formazione di trombi, ora uno studio italiano, ha scoperto il meccanismo molecolare: la proteina Spike del Sars-CoV-2 si lega a un recettore delle piastrine causandone l'attivazione e la trombosi. Lo studio a cui hanno contribuito l'Università La Sapienza di Roma l'Università Sapienza di Roma, l'IRCCS Neuromed di Pozzilli, il Cardiocentro della Clinica Mediterranea di Napoli e l'Istituto Pasteur Italia di Roma è stato pubblicato sulla rivista della Società americana di cardiologia Circulation Research.

Il meccanismo molecolare: attivazione del recettore piastrinico

La grave polmonite bilaterale con conseguente insufficienza respiratoria non è la sola causa di mortalità per Covid-19, ricordano gli autori dello studio. I pazienti subiscono spesso le complicanze di embolie polmonari, infarto del miocardio e ictus, che sono altrettanti fattori di rischio di morte. Nei casi più gravi, circa il 20 % dei pazienti ospedalizzati può avere conseguenze cardiovascolari. Sebbene l'uso di eparina abbia ridotto l'entità di queste complicanze, il rischio rimane ancora elevato.

Nello studio guidato dal professore emerito Francesco Violi, attraverso l'esame del plasma di pazienti Covid-19, è stato dimostrato che la proteina Spike del coronavirus Sars-CoV-2 lega il recettore TLR4 delle piastrine causandone l'attivazione e il conseguente processo trombotico. I ricercatori sono arrivati a capirlo attraverso tre differenti metodologie, tutte concordanti sul legame tra proteina Spike e TLR4 piastrinico. «Il fatto che la trombosi mediata dalle piastrine sia stata bloccata da un inibitore del TLR4 apre prospettive cliniche importanti nel trattamento dei pazienti Covid-19», afferma Violi. «Questo inibitore - precisa - potrebbe essere usato per la prevenzione e la cura durante la fase acuta della malattia come farmaco antitrombotico».
Per agevolare l'immediata sperimentazione clinica, il gruppo ricerca e la rettrice della Sapienza Antonella Polimeni - si legge in una nota dell'ateneo - hanno scelto di non brevettare la scoperta e quindi favorire la libera circolazione nella comunità scientifica dei risultati dello studio, a beneficio della salute e della sicurezza collettiva.
La ricerca apre nuove prospettiva di cura, concordano i ricercatori. "Il gruppo di Chimica farmaceutica che ha lavorato a questo progetto potrà poi selezionare - spiega Luigi Frati, Direttore Scientifico Neuromed - molecole che abbiano una elevata capacità inibitoria dell'attivazione di TLR4. La strada è lunga, ma l'obiettivo è quello di rendere l'infezione virale non più patogenetica come lo è oggi, ed è interessante l'approccio metodologico che non risente delle varianti genetiche del virus".

Rischio cardiovascolare alto: monitorare guariti per un anno

Sullo stesso ambito è stato realizzato un altro studio dagli scienziati dell'Università di Hong Kong e pubblicato su Cardiovascular Research, rivista della European Society of Cardiology (Esc). Secondo gli autori, il Covid-19 è associato a maggiori rischi di malattie cardiovascolari e morte a breve e lungo termine. Rispetto alle persone non infettate, la probabilità che i pazienti Covid muoiano è risultata essere fino a 81 volte superiore nelle prime 3 settimane di infezione ed è rimasta 5 volte superiore fino a 18 mesi dopo.
«I pazienti Covid - spiega Ian C.K. Wong dell'ateneo di Hong Kong, autore del lavoro - avevano maggiori probabilità di sviluppare numerose condizioni cardiovascolari» rispetto ai partecipanti allo studio non colpiti dal virus, «il che potrebbe aver contribuito ai loro maggiori rischi di morte. I risultati - evidenzia l'esperto - indicano dunque che i pazienti con Covid dovrebbero essere monitorati per almeno un anno dopo il recupero dalla malattia acuta per diagnosticare le complicanze cardiovascolari dell'infezione, che fanno parte del Long Covid». Lo studio ha confrontato l'insorgenza di patologie cardiovascolari e morte in persone infettate e no, reclutate prima di dicembre 2020, quando non erano disponibili vaccini nel Regno Unito. In generale, i contagiati, rispetto ai non infetti, avevano maggiore probabilità di sviluppare, sia a breve che a lungo termine, patologie come infarto del miocardio, malattia coronarica, insufficienza cardiaca e trombosi venosa profonda. I rischi di alcune condizioni cardiovascolari, ad esempio ictus e fibrillazione atriale, sono stati elevati a breve termine, ma poi sono tornati a livelli normali. Se questo studio è stato condotto durante la prima ondata pandemica, «la ricerca futura - osserva Wong - dovrebbe valutare i successivi focolai». E indagare, concludono gli esperti, anche sull'eventuale efficacia dei vaccini nel ridurre i rischi cardiovascolari e di mostre post infezione.

TAG: TROMBOSI, COVID-19

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