Salute benessere
21 Settembre 2023 Ratania, Krameria lappacea (Krameriaceae): biologia, usi e coltivazione sostenibile di una pianta medicinale a rischio di estinzione
La ratania è un arbusto emiparassita che appartiene alla famiglia delle Krameriaceae, una famiglia monogenerica di 18 specie originaria del Sud America. La ratania è scientificamente conosciuta come Krameria lappacea o Krameria triandra (Simpson 2007). La K. lappacea (Dombey) Burdet & B.B. Simpson è un arbusto a crescita lenta originario dei semi-deserti andini del Perù, dell'Ecuador meridionale, dell'Argentina settentrionale, del Cile e della Bolivia. Il portamento tipico di K. lappacea è un arbusto da decumbente a eretto con un'altezza di 30 – 80 (≤100) cm e un diametro fino a 1,5 (≤3) metri. I fiori oleosi zigomorfi si sviluppano in grandi frutti glochidiati con un seme, tipici del genere (Simpson, 2007).
I semi di Krameria germinano facilmente, ad una temperatura ottimale di 24°C in assenza di una pianta ospite, ma le piantine hanno bisogno della connessione con un ospite entro un breve periodo di tempo per sopravvivere e svilupparsi. Si tratta, infatti di una pianta emiparassita obbligata generalista. Capace di effettuare la fotosintesi da sola, come parassita dello xilema usufruisce di un'ampia gamma di piante da fiore, 18 piante diverse appartenenti a 17 generi e 12 famiglie, per ottenere i nutrienti necessari al suo sviluppo attraverso connessioni con le loro radici mediante l’uso di austori (Brokamp et al., 2012; Simpson, 2007).
Utilizzata come pianta medicinale e tintura vegetale fin dall’epoca precolombiana, la ratania, ebbe un ruolo di rilievo nella medicina europea ed euro-americana tra il 1820 e il 1920. Gli usi della ratania erano numerosi ma generalmente incentrati sulle proprietà astringenti delle radici ricche in tannini. Studi dell’epoca suggeriscono che l’adozione della Krameria come pianta medicinale sia dovuta al botanico spagnolo Hipólito Ruiz (1754-1816), dopo il suo ritorno in Europa dal Perù nel 1797. Sebbene sia difficile determinare con certezza gli usi pre-ispanici della Krameria nel Nuovo Mondo, lavori pubblicati prima del 1820, quindi esenti dall’influenza europea indicano che solo poche specie del genere venivano usate prima dei viaggi di Ruiz e che quasi tutte le pratiche medicinali erano limitate all'uso delle radici come bastoncini da masticare, o ad applicazioni esterne di decotti o infusi. La ratania era tradizionalmente usata come rimedio per molte malattie, come le malattie gastrointestinali, la menorragia, la leucorrea e le malattie orali. Inoltre, sembra esserci prova dell’uso delle radici di specie nordamericane e sudamericane come fonti di tintura (Simpson, 1991).
Nel corso degli anni questa pianta ha trovato posto in molte farmacopee. Oggi gli estratti di radice di Krameria sono utilizzati in una vasta gamma di preparati cosmetici e farmaceutici, in particolare prodotti per l’igiene orale a causa delle loro proprietà antiossidanti, antifungine e antimicrobiche (Brokamp & Brokamp 2015). Molti studi medici hanno riportato le proprietà farmacologiche e biologiche degli estratti di radice di ratania, inclusi gli effetti antidiabetici, antinfiammatori, antimicrobici, antiossidanti e fotoprotettivi (in Alshammari et al. 2023). Recentemente gli estratti di radice per le loro proprietà antiossidanti, sono stati utilizzati per la sintesi green di nanoparticelle di rame (CuNP) ad alto impatto antimicrobico (Alshammari et al. 2023).
Sono meno usate le parti aeree della pianta sebbene recenti studi dimostrino come estratti ottenuti dalle foglie presentino attività antibatterica simile a quella degli estratti della radice anche se leggermente inferiore e come l’attività antibatterica aumenti quando l’estratto viene preparato utilizzando la pianta intera (rizoma-foglie-fusto). Si osserva inoltre che tale attività sia ancora maggiore se, invece di preparare l'estratto, si utilizza un decotto della pianta completa (Lezama et al. 2023). Il valore terapeutico di questa pianta è stato attribuito soprattutto al contenuto in tannini (catechine e proantocianidine) delle radici, in particolare della corteccia radicale esterna con periderma rosso scuro. L’attività biologica degli estratti di radice rossa è dovuta all'esistenza dell'acido astringente ratanotannico, simile all'acido tannico (Simpson 1991). Tra i composti attivi ci sono oltre ai tannini (catechine e proantocianidine), i lignani e i neolignani (in Brokamp & Brokamp 2015). Le radici (sotto il nome di Rhatany o Ratanhia) vengono ampiamente vendute, sia a livello locale (soprattutto in Perù) che internazionale (ad esempio esiste una documentazione nella quale risulta che tra il 2000 e il 2004 il Perù ha esportato una media di 33 tonnellate di radici di Ratania all'anno), senza alcun controllo e/o regolamentazione per quanto riguarda la quantità complessiva del raccolto. La ratania viene quindi, raccolta in modo distruttivo da popolazioni naturali e non esiste una coltivazione commerciale (Brokamp & Brokamp 2015). Di conseguenza, i popolamenti selvatici di questa pianta stanno diventando sempre più rari, e a rischio di estinzione in quelle aree in cui in passato si è concentrata maggiormente la raccolta in natura, vale a dire Lima e i dipartimenti centrali del Perù, Junín, Ayacucho e Apurimac (Brokamp et al., 2012).
Per ovviare a questo, negli anni 2002 – 2007, nell’ambito di una cooperazione inter-istituzionale pubblico-privata tra l’azienda farmaceutica tedesca WELEDA AG e l’Associazione GTZ (attualmente GIZ o Società tedesca per la cooperazione internazionale) è stato avviato un progetto complesso per studiare la biologia, l’identità tassonomica, l’ecologia e la distribuzione di ratania (K. lappacea) in Perù e sviluppare metodi per garantire una raccolta in natura sostenibile, fornendo la base per una gestione a lungo termine di questa risorsa naturale. Nell'ambito di questo progetto, oltre a dimostrare la natura emiparassita della pianta sono stati effettuati inventari in 238 aree di 19 località in sei dipartimenti del Perù che hanno messo in evidenza una media di circa 14 individui/100m2 e come, la raccolta incontrollata, fattori abiotici (zone estremamente siccitose) oltre all’emi-parassitismo e il lungo periodo di sviluppo della pianta, influenzino la dimensione delle popolazioni. I principali obiettivi sono stati lo studio dei fattori che limitano la propagazione naturale e la valutazione di una strategia di conservazione in situ mediante risemina e interramento dei semi nell’habitat naturale durante la raccolta per facilitare l’insediamento di nuove piantine. La “sepoltura dei semi” (seed burial) è una strategia che nelle piante dei climi aridi aumenta di fatto in maniera significativa il tasso di germinazione dei semi. I risultati del progetto hanno dimostrato che i semi raccolti in natura conservano una capacità di germinazione elevata (75%), e che una profondità di semina adeguata compresa tra 5 e 10 cm aumenta effettivamente il tasso di germinazione dei semi di K. lappacea. Inoltre la ricerca ha evidenziato nel terreno la presenza di radici secondarie ricche di austori che crescono perpendicolarmente alla radice principale e parallelamente alla superficie del suolo. Da queste radici si originano naturalmente nuove piantine.
Sulla base di tali risultati è stato allora proposto un piano di gestione per una raccolta sostenibile basata su due principi fondamentali, che riducano al minimo l’impatto immediato del raccolto e portino addirittura ad un aumento del numero di nuove piante. La proposta prevede che, per ogni habitat naturale sia necessario limitare la raccolta delle piante (una ogni cinque) a intervalli di 10 anni per lo stesso sito. In secondo luogo, dopo il raccolto, tutti i semi rimasti nel terreno dovranno essere riseminati mediante interramento e le radici secondarie conservate in superficie, così che facilitare l’insediamento di nuove piante in situ e scongiurare il rischio di estinzione (Brokamp & Brokamp 2015; Dostert et al. 2018). Non si conoscono al momento studi per la conservazione ex situ di ratania né l’utilizzazione di tecniche biotecnologiche per la sua propagazione.
Patrizia Bogani
Università di Firenze
Alshammari, S. O., Mahmoud, S. Y., & Farrag, E. S. (2023). Synthesis of Green Copper Nanoparticles Using Medicinal Plant Krameria sp. Root Extract and Its Applications. Molecules, 28(12), 4629.
Brokamp, G., Dostert, N., Cáceres-H, F., & Weigend, M. (2012). Parasitism and haustorium anatomy of Krameria lappacea (Dombey) Burdet & BB Simpson (Krameriaceae), an endangered medicinal plant from the Andean deserts. Journal of Arid Environments, 83, 94e100.
Brokamp, G., & Brokamp, G. (2015). Now, where did all the Rhatanies go? Abundance, seed ecology, and regeneration of Krameria lappacea from the Peruvian Andes. Relevance and Sustainability of Wild Plant Collection in NW South America: Insights from the Plant Families Arecaceae and Krameriaceae, 103-122.
Dostert, N., Caceres, F., Brokamp, G., & Weigend, M. (2018). Propagación in situ de ratania-Krameria lappacea (Krameriaceae): factores limitantes de la propagación natural y efectos de resiembra. Revista peruana de biología, 25(1), 29-34.
Lezama, R. H. V., Aguilar-Carrillo, M. F., Tapia-Aguilar, R., de Lourdes Velázquez-Vázquez, M., Cerón-Ramírez, R., & Santana-Carrillo, J. (2023). Determination of the Antibacterial Activity of Krameria pauciflora (Rose). Journal of Drug Delivery and Therapeutics, 13(3), 105-109.
Simpson B.B. 1991. The Past and Present Uses of Rhatany (Krameria, Krameriaceae). Economic Botany 45(3): 397-409.
Simpson B.B. 2007. Krameriaceae, In: Kubitzki, K., (ed.), The Families and Genera of Vascular Plants IX, 208–212.
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