Vaccino Covid-19, Piero Di Lorenzo (Irbm): a settembre i primi risultati
di Lara Figini
Più di mille volontari con meno di 55 anni e di sana e robusta costituzione sono scesi in campo dalla scorsa settimana per i primi test clinici del vaccino contro il Covid-19. L'intervista a Piero Di Lorenzo
Più di mille volontari di sana e robusta costituzione, e di età inferiore ai 55 anni, sono scesi in campo dalla scorsa settimana per i primi test clinici del vaccino contro il Covid-19 messo in cantiere alla Oxford University. In termini di sperimentazione, si tratta del progetto più avanzato d'Europa - su cui peraltro il Governo inglese sta ora investendo 20 milioni di sterline - frutto della partnership con l'italiana Advent-Irbm di Pomezia. Ne abbiamo parlato, con Piero Di Lorenzo, presidente dell'azienda.
Già in fase pre-clinica sugli animali il prototipo oxfordiano, chiamato ChAdOx1nCoV-19, ha dato risultati incoraggianti. Si passa dunque alla fase dei trial su uomini e donne 'cavia', che riceveranno, sotto forma di "rimborso spese", fino all'equivalente di 700 euro. Come siete arrivati a questo obbiettivo? Il vaccino sperimentale è il risultato della sinergia di due expertise, quello dell'Irbm e quello dello Jenner Institute della Oxford University. Lo Jenner è uno dei primi centri di ricerca al mondo per i vaccini e Sarah Gilbert, direttrice della divisione vaccini di Oxford, è un mostro sacro, una delle massime esperte in assoluto. Loro studiano i Coronavirus da diciassette anni e hanno già realizzato il vaccino anti-Mers.
Nella corsa al vaccino voi con il prestigioso ateneo britannico, seguito a distanza dal singolo test umano annunciato oggi in Germania dal Paul Ehrlich Institut, avete permesso di concentrare diversi stadi della sperimentazione in quattro mesi, invece dei cinque anni solitamente necessari. Una delle ragioni è l'urgenza imposta dalla micidiale pandemia e l'uso appunto di una tecnologia, già testata con successo nel recente passato, contro altri virus di ceppo analogo quali Mers o Sars. Avete giocato d'anticipo? Quando i cinesi il 10 gennaio hanno messo su Internet il sequenziamento del virus, a Oxford in venti giorni hanno sintetizzato il gene della proteina spike, che è quella coperta rossa bitorzoluta detta 'corona' del virus, che è la parte contagiosa, la parte pericolosa del virus, e ce lo hanno mandato.
E cosa avete fatto? A quel punto c'era bisogno di un vettore che portasse il gene sintetizzato, e cioè depotenziato, della proteina spike, all'interno dell'organismo, come una specie cavallo di Troia. Abbiamo quindi messo a disposizione un adenovirus, ovverosia un virus di un banale raffreddore, ulteriormente depotenziato in modo che non si potesse replicare nell'organismo, che agisce, appunto, come uno 'shuttle'. Al suo interno si mette il gene sintetizzato della proteina spike e si inserisce nell'organismo umano che, sentendosi sotto l'attacco di un virus, reagisce, provocando la produzione degli anticorpi. Però gli anticorpi non servono, perché l'attacco virale è finto, il virus inserito non è più attivo, però quella persone ha prodotto gli anticorpi e diventa immune.
Avete usato la vostra esperienza con Ebola e l'avete unita a quella dello Jenner con la Mers? Sì. Quel tipo di sintetizzazione era già stata utilizzata dallo Jenner nel vaccino anti-Mers, compreso il teste della non tossicità. Anche il nostro sistema vettoriale è stato già testato sul vaccino anti-Ebola. Nel caso del Covid-19 abbiamo caratterizzato l'adenovirus in funzione del nuovo gene.
Quali sono i passi per arrivare al vaccino vero e proprio? Normalmente quando esci dalla fase preclinica, cioè dal laboratorio che ti ha dato le risposte positive come è accaduto a noi, fai il test sugli animali per verificare che non ci sia tossicità e poi vai nelle varie fasi cliniche. Nella prima fase che dura 4-5 mesi, fai test su 10-15 volontari sani, poi vai nella seconda, che prevede 150 volontari sani, che può durare anche due anni. E infine nella terza, dove hai tra i 500 e i 700 volontari sani.
Di solito i tempi sono lunghi, invece... Le autorità regolatorie agiscono sempre in base al principio del male minore, per cui accettano qualche rischio in più di mancata efficaci del vaccino, in cambio del fatto che tu arrivi prima a vaccinare la gente ed eviti 10.000 morti al mese. Per cui, in questa logica, la MHRA (l'agenzia del farmaco inglese, ndr) si è orientata a dare l'autorizzazione per passare rapidamente alla fase clinica 3.
La sperimentazione clinica si svolgerà in diversi laboratori, dislocati nelle aree di Bristol, Southampton e Londra e coinvolgerà un totale di 1.112 volontari, di età compresa tra i 18 e 55 anni, selezionati attraverso scrupolosi controlli medici. Ci può dare qualche altro dettaglio? A circa metà campione, 510 individui, verrà somministrato il ChAdOx1 nCoV-19, agli altri il vaccino contro la meningite: nessuno saprà il proprio gruppo d'appartenenza. Una volta terminata la fase 1, e confermata la non tossicità del vaccino, si passerà (verosimilmente tra fine maggio e giugno, ndr) alla fase 2, con gruppi di volontari più anziani.
Dopo la fase clinica, quanto ci vorrà per essere autorizzati? Nel migliore degli scenari si parla di poter contare già su un milione di dosi a settembre, ma destinati a chi? Per una produzione su larga scala i tempi sono destinati ad allungarsi: più o meno un anno nelle previsioni di un'eventuale copertura nazionale britannica, di più per una svolta globale. A fine settembre potremo avere il risultato del test clinico e a quel punto se sarà positivo, parte il processo autorizzativo, che porterà via qualche settimana. Nel frattempo, le dosi che abbiamo preparato potrebbero essere somministrate in uso compassionevole, quindi gratuitamente, al personale sanitario e forze dell'ordine, come di solito si fa quando un vaccino ha già passato il vaglio clinico, ma non è stato ancora validato dall'agenzia nazionale del farmaco.
Da chi è finanziato il vaccino? Soprattutto dal Cepi (confondato da Bill e Melinda Gates, ndr) che è un organismo sovranazionale creato a seguito dell'epidemia di Ebola e finanziato da alcuni governi nordeuropei, che ha come oggetto sociale il finanziamento della ricerca sui vaccini. Poi dal governo inglese e da un pool di banche sovranazionali, ma già c'è la disponibilità di alcuni governi per gli ulteriori finanziamenti di centinaia di milioni.
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A cura di Simona Zazzetta
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