Test sierologici, troppe incertezze in uso privato. Le nuove indicazioni operative
Il ricorso esponenziale della popolazione ai test sierologici rischia di aumentare a dismisura la richiesta di tamponi e genera incertezza. Per questo occorrono linee guida nazionali e valide per tutti
Il ricorso esponenziale della popolazione ai test sierologici rischia di aumentare a dismisura la richiesta di tamponi - usati per fare chiarezza sulla diagnosi, ma su cui grava l'incognita della disponibilità di reagenti - e genera incertezza. Per questo occorrono linee guida nazionali e valide per tutti, per una gestione integrata dei due strumenti. La preoccupazione è stata sollevata ieri dalla Commissione Salute della Conferenza delle Regioni che ha inviato una nota al Ministro della Salute, Roberto Speranza, chiedendo un chiarimento, anche perché, Regioni come la Lombardia hanno avviato la possibilità per i cittadini di ricorrere al privato. Intanto, dalla Fofi è arrivata una circolare che delinea indicazioni operative sulla base dell'ultimo documento del 9 maggio del Dicastero.
Test rapidi di autodiagnosi: mancano evidenze sulla qualità
Una prima raccomandazione che arriva dalla Fofi è la riconferma del fatto che «i test basati sull'identificazione di anticorpi IgM e IgG non possono, allo stato attuale dell'evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull'identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei e che il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non eÌ sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica». Nel dettaglio, per quanto, riguarda quelli non rapidi - che «non essendo autodiagnostici, non devono essere venduti o messi a disposizione di "profani"» -, la «qualità e l'affidabilità dipendono in particolare dalle due caratteristiche di specificità e sensibilità. Pertanto, sebbene non sussistano in relazione a esse obblighi di legge, eÌ fortemente raccomandato l'utilizzo di test del tipo Clia e/o Elisa che abbiano una specificità non inferiore al 95% e una sensibilità non inferiore al 90%, al fine di ridurre il numero di risultati falsi positivi e falsi negativi. Al di sotto di tali soglie, l'affidabilità del risultato ottenuto non eÌ adeguata alle finalità per cui i test vengono eseguiti». Mentre, in relazione a quelli «rapidi (test eseguiti su sangue capillare), essendo di natura puramente qualitativa, possono solo indicare la presenza o assenza di anticorpi e non vi sono, al momento, evidenze prodotte da organismi terzi in relazione alla loro qualità». Oltre a questo, c'è poi una problematica: «un test anticorpale positivo indica se la persona eÌ stata infettata da Sars-CoV-2, ma non indica necessariamente se gli anticorpi sono neutralizzanti, se una persona eÌ protetta e per quanto tempo e se la persona eÌ guarita. Pertanto, in tali casi eÌ ritenuto opportuno, effettuare il test molecolare. Qualora, invece, il test anticorpale fosse negativo, lo stesso potrebbe avere molteplici significati». Si tratta certamente, dice il Ministero, di aspetti «suscettibili di aggiornamento in base all'evoluzione delle conoscenze e degli avanzamenti tecnologici», e sarà fondamentale «mantenere un costante scambio di informazioni su nuove evidenze che emergeranno dall'effettuazione di test da parte delle Regioni».
Scarsa accessibilità ai tamponi rende più incerto il test sierologico
Che una patente di immunità non la si possa avere, ormai è chiaro da tempo, ma resta il fatto che da parte dei cittadini c'è il desiderio di sapere se si appartiene a quella fascia di popolazione che ha contratto il virus come asintomatico o paucisintomatico, così da avere una maggiore serenità nell'affrontare l'allentamento del lockdown, man mano che si procede, e per una eventuale seconda ondata. Le Regioni, da parte loro, stanno organizzando campagne di screening pubbliche o anche aziendali, ognuna con le sue regole, per raccogliere dati epidemiologici, ma, per il momento solo una piccola e specifica fetta di popolazione vi ricade. Così aumentano le pressioni sui test in regime privato, che gli interessati pagherebbero di tasca propria, insieme all'eventuale tampone, che dovrebbe chiarire, una volta riscontrata la presenza di anticorpi, se il cittadino è contagioso per gli altri. Il caso sospetto infatti andrà segnalato a Asl o medico di medicina generale ma, in attesa del tampone - di cui c'è esiguità e la cui esecuzione in ogni caso segue ordini di priorità -, il cittadino deve rimanere in isolamento fiduciario, così come famigliari e contatti stretti dovranno restare in attesa di indicazioni dall'Autorità pubblica.
Regioni al Ministro: chiarire linee guida di utilizzo di test sierologico e tampone
Proprio su questo nodo, ieri, la Commissione Salute della Conferenza delle Regioni ha sollevato alcune perplessità: «nessuna Regione è al momento in grado di garantire il tampone a chiunque lo richieda come strumento di validazione degli esiti sierologici» scrive Luigi Genesio Icardi, in una nota inviata al ministro della Salute, Roberto Speranza, nella quale sottolinea la necessità di «individuare, a livello centrale, una strategia nazionale, attraverso un provvedimento normativo che identifichi modalità operative e le priorità per gestire in maniera integrata gli strumenti di analisi sierologica e molecolare (tamponi). Il ricorso esponenziale della popolazione ai test sierologici, anche per iniziativa di numerosi sindaci che li stanno promuovendo come strumento di screening epidemiologico di massa, genera incertezza interpretativa e rischia di aumentare a dismisura la richiesta di tamponi, invocati per fare chiarezza sulla diagnosi. In particolare, le Regioni palesano il rischio concreto che la richiesta di tamponi in esito positivo al test sierologico di massa "possa impedire di effettuare tempestivamente i tamponi necessari (e la cui effettuazione è obbligatoria per legge) a contrastare l'infezione da coronavirus covid19". È chiara la difficoltà in Italia di assicurare i tamponi a tutti» e per questo «occorre che a livello nazionale sia fatta al più presto chiarezza, stabilendo linee guida che valgano per tutti, in tutte le situazioni». Sul tema, oggi, è intervenuto anche il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che in una intervista a RaiNews 24, ha detto: «Sui test si rispettino le indicazioni del Ministero e dell'Iss, che dicono che hanno valenza solo a fini epidemiologici, non diagnostici». Quelli fatti dai «cittadini singoli sono inutili se non rappresentano una categoria o un territorio». Se «vogliamo comportarci in modo serio dobbiamo spiegare ai cittadini queste cose, far capire a cosa servono e l'inutilità dei test per persone singole che non rappresentano una categoria o un territorio, e che non riceveranno nessuna risposta che può essere utile per un singolo». In Lombardia è da ieri aperta la possibilità per i cittadini di rivolgersi a laboratori privati e secondo quanto si riportano i quotidiani richieste e prenotazioni sono già molte.
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A cura di Sabina Mastrangelo
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