Patologie croniche, Associazioni pazienti denunciano: in calo le cure con farmaci in distribuzione diretta
Durante la pandemia si è verificato un calo dei trattamenti di patologie croniche. Tra le cause l'emergenza Covid-19 ma anche l'efficienza dell'accesso ai farmaci che in alcune Regioni avviene solo in distribuzione diretta
Durante la pandemia si è verificato un calo dei trattamenti di patologie croniche come quelle cardiovascolari, reumatiche e osteoporosi, una tendenza non ancora cessata e, tra le ragioni anche l'accesso ai farmaci, in alcune regioni solo in distribuzione diretta, la cui efficienza è stata compromesse dall'emergenza Covid-19. A denunciare e a richiedere uno sforzo maggiore su questo fronte sono la Fondazione italiana per il cuore, la Fondazione Giovanni Lorenzini, la Fondazione italiana ricerca sulle malattie dell'osso (Firmo), l'Associazione nazionale malati reumatici (Anmar Onlus) e l'Associazione di iniziativa parlamentare e legislativa per la Salute e la Prevenzione.
Calo del 40% in terapie farmacologiche. Con Covid-19 esacerbate difformità
In una nota spiegano che l'impiego di alcune terapie farmacologiche si è ridotto bruscamente fino a raggiungere anche il 40%, con forti diminuzioni delle prescrizioni per pazienti di nuova diagnosi fino ad arrivare all'85% in alcuni casi. E dopo la fine del lockdown non si sono visti segnali decisi di ripresa. È diminuito il ricorso a terapie per patologie croniche, per la prevenzione di eventi cardiovascolari, fratture ossee, o per controllare la progressione dell'artrite reumatoide con farmaci accessibili, in alcune Regioni, solo nelle farmacie ospedaliere, in distribuzione diretta. Ulteriori criticità sono state costituite anche dalla presenza di piani terapeutici. In particolare, "con l'emergenza Covid-19 la modalità di distribuzione diretta ospedaliera è diventata fonte di numerose problematiche limitando l'accesso alle terapie e l'approccio verso una risoluzione è stato di tipo emergenziale: si è data priorità alle situazioni che si ritenevano più urgenti e quindi, in particolare, le cure acute e salvavita che non potevano essere differite. Se già, precedentemente, il sistema di accesso ai farmaci in distribuzione diretta presentava una difformità consistente di Regione in Regione, creando forti disparità di trattamento, la crisi Covid-19 ha ulteriormente esacerbato la situazione, creando ampie sacche di limitato (se non addirittura escluso) accesso a farmaci fondamentali per tanti pazienti italiani. Diverse iniziative hanno cercato di individuare delle soluzioni, ma, tuttora esistono ancora numerose terapie che presentano una continuità ridotta o addirittura interrotta a causa della limitata accessibilità".
Nuove leggi consentono di passare alla Dpc
Le associazioni ricordano le norme varate durante l'emergenza: "Il Governo, all'interno della Legge n° 40 del 5 giugno 2020 (Decreto Liquidità) ha disposto la possibilità per i farmaci erogati in regime di distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche, di passare alla "distribuzione per conto" da parte delle farmacie convenzionate. Tale disposizione è stata ulteriormente allargata con la Legge N°77 del 17 luglio 2020 (Decreto Rilancio), fornendo così gli strumenti alle Regioni per snellire le procedure burocratiche per l'accesso a molte terapie. Alcune aziende hanno messo in atto progetti di consegna a domicilio dei farmaci, così come Federfarma e Assofarm (farmacie comunali) hanno dato la loro disponibilità per la consegna diretta. Ciononostante, a livello regionale, o anche a livello del singolo territorio, non sono seguite attività concertate e uniformi e, di conseguenza, non sempre si sono messi in atto in meccanismi per semplificare l'accesso ai farmaci in distribuzione diretta ospedaliera, come dimostrano i dati citati". E il problema "non dipende solo dall'emergenza Covid 19, ma, al contrario l'emergenza Covid 19 ha portato alla luce in modo macroscopico problemi già esistenti". «Purtroppo, si continua a ragionare a silos, senza vedere i costi indiretti della malattia - commenta la presidente dell'Associazione nazionale malati reumatici (Anmar) Silvia Tonolo -. Bisogna considerare che i pazienti reumatologici sono pazienti cronici e fragili e che lo sono anche quando c'è una remissione di patologia, tanti di loro sono lavoratori e che - in quanto tali - si trovano ad affrontare un rischio ulteriormente aumentato».
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A cura di Simona Zazzetta
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