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21 Ottobre 2022

Nutraceutici e interazione con farmaci: basarsi su evidenze in letteratura e comunicare con il paziente


Le evidenze di letteratura devono essere alla base dei consigli del farmacista, che deve indagare al meglio la storia farmaceutica dei paziente

Sebbene la percezione dei cittadini sia che, come prodotti naturali, non siano pericolosi, gli operatori sanitari, dai farmacisti ai medici, sanno bene che i nutraceutici, in quanto prodotti formati anche da complessi di sostanze, possono dare effetti collaterali e soprattutto interagire con i farmaci che i pazienti assumono. La comunicazione e la formazione, nonché la possibilità di condividere i dati sanitari, diventano, dunque, fondamentali per proteggere i pazienti. A parlarne sono stati gli esperti in occasione del simposio 'Interazioni tra farmaci e prodotti nutraceutici', che si è tenuto venerdì 21 ottobre nell'ambito del Convegno FarmacistaPiù, a cura della Società Italiana di Farmacologia (SIF). Quello delle interazioni tra farmaci e nutraceutici è "un argomento di grande interesse per il farmacista, sia nella sua professione in sé, che per le informazioni che deve dare a chi vuole assumere questi farmaci", ha spiegato Giorgio Racagni, attuale presidente SIF, che insieme a Giuseppe Cirino, presidente eletto SIF, ha moderato l'incontro.


Gli effetti da monitorare

I nutraceutici sono prodotti usati per prevenzione o terapia, come spiega Lorenzo di Cesare Mannelli, dello IUPHAR Mediterranean Group of Natural Products Pharmacology e dell'Università di Firenze. Si tratta, però, di prodotti che, per quantità e qualità di principi attivi contenuti, hanno un impatto biologico sull'organismo, interagendo con vari sistemi. Queste sostanze, come sottolinea l'esperto, possono essere substrati di reazioni biochimiche, substrati enzimatici, cofattori, regolatori dell'attività, possono regolare l'assorbimento di altre sostanze e avere effetti sulla microflora di vari distretti. Di conseguenza, accanto alla riconosciuta efficacia biologica, non si può non pensare che questi prodotti non siano associati a potenziali rischi, quindi effetti collaterali, ma soprattutto interazioni con i farmaci, da quelle farmacocinetiche a quelle farmcodinamiche. Induzione o inibizione enzimatica, effetti additivi, regolazione sull'assorbimento, regolazione di segnali, solo per citare alcuni effetti, possono, in ultimo, alterare l'efficacia e i livelli di farmaci che vengono assunti in contemporanea. E il problema è ancora più importante se si considerano estratti e fitocomplessi di piante, matrici complesse contenenti centinaia o migliaia di sostanze insieme. Questo fenomeno è noto per molti prodotti, come l'iperico, che ha la capacità di indurre il citocromo CYP3A4 e alterare i livelli di molti farmaci, o il Gingko biloba, che antagonizza il fattore di aggregazione piastrinico, per cui è un problema quando si somministra in associazione ad antiaggreganti piastrinici, anticoagulanti, antiinfiammatori, o quando i pazienti si sottopongono a chirurgia. Accanto a questi prodotti, che sono estratti, ci sono anche alimenti, come il succo di pompelmo che inibisce il CYP3A4 e aumenta in maniera sostanziosa i livelli di farmaci quali amiodarone e simvastatina.

Cercare le evidenze attraverso gli studi

Tuttavia, sottolinea Mannelli bisogna cercare di fare chiarezza per non perdere gli effetti benefici che queste sostanze possono avere. Quindi, l'esperto consiglia di valutare innanzitutto attentamente tra aspetti, ovvero il tipo di farmaco coinvolto nell'interazione, la gravità della malattia per cui il farmaco viene assunto e le condizioni generali del paziente. A disposizione di chi valuta questi prodotti, sicuramente il farmacista e il medico, c'è a disposizione la letteratura scientifica che giorno dopo giorno informa su questi aspetti di efficacia e sicurezza anche dei nutraceutici. Questo per migliorare la conoscenza di questi prodotti, valutarli con attenzione, ma anche avere dati consistenti, anche se tutte queste osservazioni sono vere se i nutraceutici vengono identificati in maniera univoca. Per esempio, per gli estratti vegetali, ha senso parlare di interazioni se è un estratto univocamente definito, se si conoscono la sua composizione chimica, la procedura produttiva e le proprietà farmacologiche e tossicologiche. Per quel che riguarda le evidenze, un report, del 2022 che fotografa la situazione su 115 pazienti ospedalizzati, ha evidenziato che il 37% consumava nutraceutici e facendo un match con le banche dati, gli autori hanno osservato che un paziente su due tra quelli che assumevano nutraceutici poteva essere esposto al rischio di interazione con la terapia convenzionale antitumorale. Sempre sull'associazione tra antitumorali e nutraceutici, ci sono diversi studi che non sempre evidenziano la pericolosità di un integratore. Per esempio, per la curcumina i dati in letteratura sono contrastanti perché secondo alcuni incrementa l'attività del CYP3A4, mentre secondo altri la riduce. Uno studio clinico ha indagato gli effetti dell'associazione con tamossifene, evidenziando una riduzione dei livelli di questo farmaco soprattutto tra i pazienti cosiddetti 'metabolizzatori veloci'. Dall'altro lato, l'astragalo, che è noto per essere un induttore CY3A4, in associazione con docetaxel non ha determinato un cambiamento dei livelli plasmatici di questo chemioterapico, così come il tè verde non ha alterato i livelli di tamossifene.


La comunicazione da parte del farmacista e l'importanza di indagare la storia farmaceutica del paziente

Nell'ambito della comunicazione di questi rischi c'è il desiderio di spostare l'attenzione del ruolo del farmacista da mero dispensatore di farmaci ad accompagnatore dei pazienti che si affianca alla medicina di base e agli ospedali. A sottolinearlo è stato Francesco Carlo Gamaleri, del consiglio direttivo ordine farmacisti provincie Milano Lodi Monza e Brianza, che è intervenuto al simposio per parlare di fitovigilanza. L'esperto riporta i dati sull'uso degli integratori alimentari; dati che sono costantemente in crescita, con il mercato italiano che è molto importante in ambito europeo e con volumi di affari importanti, che si sono mantenuti anche in tempi di covid. L'attenzione sugli aspetti di sicurezza dei nutraceutici è sancita, oltre che dagli articoli 10 e 38 del codice deontologico del farmacista, anche da un documento del 2012 che va in scia con la definizione della farmacia dei servizi del 2009, in cui per la prima volta, nella cornice ministeriale, FOFI, FNOMCEO e società scientifiche quali SIFO e SIMG hanno siglato le "linee di indirizzo sugli strumenti per concorrere a ridurre gli errori in terapia farmacologica nell'ambito dei servizi assistenziali erogati dalle Farmacie di comunità" tra cui si citano anche la sicurezza nell'uso di prodotti diversi dal farmaco e la sicurezza e comunicazione in farmacia. Le tre parti importanti coinvolte restano lo strumento di cura, il paziente e l'operatore sanitario e tutte e tre devono essere valorizzate. Il paziente, inoltre, dovrebbe sempre rivolgere al farmacista domande su come, quando e per quanto tempo assumere un nutraceutico, se può dare luogo a interazioni o indurre effetti collaterali noti, come conservare questi prodotti e come smaltirli. Il farmacista, da parte sua deve interessarsi sempre della storia farmaceutica del paziente, un aspetto, questo, per cui sarebbe utile migliorare il fascicolo sanitario elettronico, implementarlo e far sì che anche il farmacista possa intervenire segnalando prodotti che nella cartella clinica del medico di base non ci sono, per incrociare le conoscenze e proteggere, così, il paziente.

Sabina Mastrangelo

TAG: INTERAZIONI FARMACOLOGICHE, FARMACOLOGIA, INTERAZIONI TRA SOSTANZE DI ORIGINE VEGETALE E FARMACI, SOCIETà ITALIANA DI FARMACOLOGIA (SIF), GIORGIO RACAGNI

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