Probiotici e prevenzione immunitaria: il punto sulla situazione presente e futura
Ecco un punto su quanto è atteso in un futuro prossimo dall'integrazione alimentare dei probiotici, simbiotici, antibiotici e recentemente dal trapianto di microbiota fecale, per riequilibrare stati di disbiosi
Vitamine, minerali e integratori alimentari in genere sono stati spesso chiamati in causa in quest'ultimo periodo per la loro supposta azione di prevenzione verso Covid19. Alla base c'era sempre il concetto che un sistema immunitario forte fosse in grado di prevenire e combattere l'attacco del virus. Riflessione corretta in linea generale, ma assolutamente non sufficiente a sostenere affermazioni di efficacia certa e diretta di questa o quella sostanza verso questo nuovo patogeno umano. È da pochi giorni partita una campagna informativa ad opera di Integratori Italia, parte di Unione italiana Food e Unione nazionale consumatori che procedendo a step, darà rilievo ad alcuni dei temi caldi sull'importanza e l'efficacia dell'integrazione alimentare, per riprendere le fila di un discorso scientifico che riporti l'attenzione sull'autorevolezza del messaggio.
Il ruolo dei probiotici in relazione al microbiota intestinale
Uno dei temi che tratterà la campagna, insieme alla vitamina D e al corretto utilizzo degli integratori in rapporto alle diverse fasce d'età, sarà il ruolo dei probiotici in relazione al microbiota intestinale. E lo farà basandosi su quanto riassunto nella seconda edizione della Review sull'integrazione alimentare: evidenze dalla ricerca scientifica e nuove frontiere di sviluppo, rilasciata a novembre 2019 da Integratori Italia. In merito ai probiotici è Antonio Gasbarrini, ordinario di Gastroenterologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, a fare il punto della situazione odierna e degli sviluppi futuri della ricerca e delle applicazioni. La funzione delle comunità microbiche intestinali - composte da batteri Firmicutes e Bacteroidetes in larga parte, ma anche da virus (inclusi i batteriofagi), miceti, archea e parassiti - va considerata anche in relazione alla barriera intestinale, composta dalle cellule epiteliali della mucosa, dallo strato di muco sovrastante, dalle cellule del sistema immunitario innato e acquisito, dagli enzimi digestivi e a dai sistemi endocrino, vascolare, linfatico e neuroenterico. Un sistema che nell'insieme compone un'unità anatomo-funzionale molto complessa, che risente di stati di disbiosi che possono venire a crearsi e che possono essere la causa di molte malattie, non solo del tratto gastrointestinale. Il microbiota intestinale, che interagendo con l'Ospite rende possibile l'adattamento alle perturbazioni esterne, è però unico per ciascun individuo. La sua funzionalità dipende sì dalla genetica dell'ospite ma soprattutto da fattori ambientali in cui viviamo: il tipo di parto, l'allattamento, la dieta o gli stimoli con cui veniamo in contatto come la presenza di animali domestici.
A che punto è la ricerca e dove sta andando
L'integrazione alimentare con prebiotici, probiotici, simbiotici, antibiotici e, recentemente, dal trapianto di microbiota fecale può intervenire per riequilibrare stati di disbiosi. Tuttavia "per quanto riguarda l'efficacia clinica attesa dalla supplementazione con probiotici, sebbene molti studi abbiano valutato questo aspetto in diverse condizioni, le popolazioni di soggetti, il tipo (ceppi e specie) di probiotici utilizzati, il disegno degli studi e i risultati sono spesso eterogenei e questi fattori in molti casi impediscono di trarre raccomandazioni conclusive basate sull'evidenza scientifica sull'utilizzo dei probiotici", scrive Gasbarrini. Quindi? Quali sono le strategie che la ricerca sta perseguendo per aggirare l'ostacolo dovuto alle caratteristiche individuali dell'ospite - che oggi rende incerta l'efficacia dell'integrazione di pool di probiotici per contrastare stati di disbiosi - assicurare il trasferimento di diversi meccanismi d'azione caratteristici e dare risposta ai molti dubbi sui meccanismi d'azione dei singoli ceppi, sul corretto dosaggio e sui possibili effetti sinergici di diversi ceppi combinati?
Dalla bioingegneria all'integrazione personalizzata
Il futuro della ricerca guarda alla personalizzazione della cura. Dalle tecniche di bioingegneria ci si aspetta di modificare ceppi probiotici attuali in modo da renderli veicoli di molecole utili a raggiungere uno specifico obiettivo. La seconda strada è quella dell'integrazione personalizzata basata sull'esame delle feci dell'ospite, in modo da integrare i soli batteri necessari a riequilibrare una "flora" tipica e specifica. Con le ricerche effettuate sin qui si è anche riusciti a caratterizzare nuove specie probiotiche, sconosciute fino a poco tempo fa e che per il momento per le loro caratteristiche - tra tutte, l'anaerobiosi - sono ancora difficili da commercializzare, dice la Review. Tra queste, l'Akkermansia muciniphila xhe potrebbe avere un effetto nei soggetti obesi, nel diabete e nelle malattie cardiometaboliche. Poi il Faecalibacterium prausnitzii che ha mostrato un forte effetto antinfiammatorio sia in vitro sia in vivo ed è ridotto nei pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali, in particolare nelle fasi di infiammazione attiva. E infine, Eubacterium hallii che potrebbe essere una futura arma per migliorare il controllo glicemico dei pazienti con sindrome metabolica migliorando la sensibilità all'insulina (oggi l'effetto è stato riscontrato nei modelli animali). Servono quindi per i futuri sviluppi dell'integrazione alimentare di probiotici, conoscenze approfondite, che integrino competenze mediche diverse ma che fanno ben sperare in risultati sempre più precisi ed efficaci per la nostra salute - ci si augura a prova di fake news, manipolazioni e deliberate interpretazioni.
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