Salute benessere
21 Marzo 2024 In Europa inizia a registrarsi una riduzione dell’uso di antibiotici negli animali allevati per la filiera alimentare e destinati all’alimentazione umana. Il rapporto annuale Efsa
Secondo l’ultimo monitoraggio sull’antibiotico resistenza (AMR) nell’Unione europea la situazione è più o meno stazionaria rispetto agli anni precedenti, ma comincia finalmente ad emerge come la riduzione dell’uso di antibiotici negli animali che sono allevati per la filiera alimentare e destinati all’alimentazione umana, possa diminuire il fenomeno, in alcuni batteri in particolare.
Il rapporto annuale redatto congiuntamente da EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e da ECDC (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) presenta i principali risultati del monitoraggio sulla resistenza antimicrobica in Salmonella spp., Campylobacter jejuni e C. coli nell'uomo e negli animali destinati alla produzione alimentare (polli da carne, galline ovaiole e tacchini da ingrasso, suini e bovini da ingrasso di età inferiore a un anno) e delle relative carni. Per gli animali e relative carni, vengono analizzati anche i dati sulla resistenza antimicrobica di Escherichia coli che funge da indicatore commensale, su E. coli produttrici di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL)-/AmpC beta-lattamasi (AmpC)−/carbapenemasi (CP) e sulla presenza di Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA).
I batteri resistenti possono diffondersi all'uomo
I batteri resistenti agli antimicrobici derivati da animali destinati alla produzione alimentare possono diffondersi all'uomo attraverso l'ingestione o la manipolazione di alimenti contaminati da batteri zoonotici come Campylobacter, Salmonella o Escherichia coli, dal contatto diretto con gli animali o, raramente, dalla contaminazione ambientale. Anche la flora batterica commensale può costituire un serbatoio di geni di resistenza, che possono essere trasferiti tra specie batteriche, compresi organismi patogeni nell'uomo e negli animali.
Le infezioni da batteri resistenti agli antimicrobici diventano un problema di salute pubblica nel momento in cui non riescono ad essere curate con i farmaci solitamente utilizzati e di sicurezza alimentare, se impediscono la cura degli animali da carne.
L’ECDC ha già lanciato l'allarme sulla crescente minaccia della resistenza antimicrobica, stimando che oltre 35 mila persone muoiono ogni anno a causa di infezioni resistenti agli antibiotici nell'Unione europea (UE), in Islanda e in Norvegia. Tanto che il 13 giugno 2023 è stata adottata anche una raccomandazione del Consiglio relativa all'intensificazione delle azioni dell'UE per combattere la resistenza antimicrobica in un’ottica "One Health", che interessa cioè la salute umana, la salute animale, la salute delle piante e l’ambiente insieme; l’azione deve avere carattere transfrontaliero perché l’AMR non può essere affrontata da un singolo settore in modo indipendente o da singoli paesi. Gli obiettivi da conseguire entro il 2030 sono: una riduzione del consumo complessivo di antibiotici, preferenze specifiche per gruppi di antibiotici e la mitigazione delle infezioni causate da agenti patogeni che sono spesso resistenti a più antibiotici contemporaneamente.
Progressi significativi nella riduzione della resistenza negli allevamenti
Venendo ai risultati e alle tendenze riportati dall’ultimo report va detto che sono coerenti con quelli degli anni precedenti. La resistenza antimicrobica in Campylobacter (in particolare in C. coli) e in alcuni ceppi di batteri della Salmonella rimane elevata. Campylobacter proveniente dall'uomo e da animali destinati alla produzione alimentare continua a mostrare una resistenza molto elevata alla ciprofloxacina, un antimicrobico che viene frequentemente usato per combattere le infezioni nell'uomo. La resistenza combinata agli antimicrobici di importanza critica, definita come resistenza a due diversi antimicrobici specifici, è risultata bassa, in generale, in Salmonella, Campylobacter ed E.coli. Come anticipato, sebbene siano state riscontrate variazioni individuali fra i vari Stati membri dell’UE, i principali indicatori mostrano che sono stati compiuti progressi significativi nella riduzione della resistenza antimicrobica negli animali destinati alla produzione alimentare in diversi Stati membri. Sebbene siano risultati da tenere monitorati, la buona notizia sarebbe quindi che le politiche di contenimento possono portare a risultati tangibili.
Il problema della resistenza dipende non solo dall’uso di antimicrobici nella filiera alimentare ma anche per le pratiche mediche negli esseri umani. Un esempio sono le infezioni da Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemi (antibiotici a largo spettro) nell'UE, che continuano a peggiorare. L'incidenza è aumentata di quasi il 50% tra il 2019 e il 2022. Ciò va contro l'obiettivo di ridurre queste infezioni del 5% entro il 2030. Si tratta di una tendenza preoccupante perché ci sono pochissimi trattamenti efficaci disponibili per i pazienti con queste infezioni, ha detto Andrea Ammon, direttore dell’ECDC. Bisogna tenere alta l’attenzione sul problema. Ancora: “Sebbene ci siano stati progressi lenti in alcune aree, dati recenti suggeriscono che la resistenza antimicrobica rimane una sfida significativa nell'UE. Per raggiungere gli obiettivi per il 2030 è indispensabile intensificare gli sforzi per ridurre l'uso non necessario di antibiotici e migliorare le pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni”.
European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) and European Food Safety Authority (EFSA). The European Union summary report on antimicrobial resistance in zoonotic and indicator bacteria from humans, animals and food in 2021–2022. Stockholm, Parma: ECDC, EFSA; 2024
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32023H0622(01)
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