Sanità
19 Settembre 2023 Presentato in Senato un documento sulla gestione del paziente con colite ulcerosa: maggiore appropriatezza terapeutica, migliore qualità della vita e sostenibilità per il Ssn
«La colite ulcerosa è una malattia invalidante con rilevanti problemi di carattere gestionale in termini di presa in carico del paziente, che può determinare una drastica diminuzione della qualità della vita del paziente stesso. Sistemi di diagnosi precoce della patologia sommati alla gestione del paziente, anche per quanto riguarda l’assistenza domiciliare e, comunque, extra ospedaliera, possono garantire una migliore qualità di vita, una più efficiente forma di controllo della patologia e certamente una migliore prognosi della stessa. Grazie alla diagnosi precoce e ai i nuovi progressi scientifici ottenuti si può giungere a una gestione ottimale della patologia fortemente condizionante e penalizzante». La sintesi è del medico e senatore Guido Quintino Liris, che ha partecipato all’incontro - tenutosi al Senato della Repubblica e realizzato con il contributo non condizionante di Galapagos Italia - nel quale è stato presentato il policy brief, realizzato da Edra, dal titolo “La “Gestione globale del paziente con CU: dalla QoL alla sostenibilità per il sistema”, firmato da un comitato di esperti del mondo scientifico, docenti universitari e associazioni dei pazienti, con il patrocinio di IG-IBD e AMICI Onlus.
Una patologia in aumento
La Colite Ulcerosa in Italia è una malattia cronica invalidante, che colpisce soprattutto i giovani adulti. Si stima che ogni anno ci siano tra i 10 e i 15 nuovi pazienti ogni 100mila abitanti. Nel 2019 il numero delle persone colpite da CU era di circa 160mila unità, ma le proiezioni per il 2025 parlano di oltre 331mila casi in Italia. Un dato allarmante, se si considera che la CU è una patologia che impatta pesantemente sulla qualità della vita del malato, dalla salute psico-fisica alla sfera affettiva e sessuale, fino alle relazioni sociali e all’attività lavorativa.
Non esistono al momento terapie risolutive, mentre le spese mediche per la gestione della malattia sono più alte rispetto a quelle sostenute per la maggior parte delle altre patologie croniche. Si stima che ogni anno siano, nel mondo, 250.000 le visite mediche e 30.000 i ricoveri ospedalieri dovuti a Cu, con costi medici che, solo in Europa, vanno dagli 8.900 ai 10.400 euro a paziente. I pazienti con CU hanno infatti un rischio triplicato di ospedalizzazione rispetto alla popolazione generale, includendo gli accessi per interventi chirurgici, procedure diagnostiche e/o terapie mediche.
Un documento in cinque punti
Sempre più diffusa, quindi, nella comunità scientifica la domanda di una presa in cura globale del paziente con CU: maggiore appropriatezza delle prestazioni, migliore qualità della vita del paziente, sostenibilità per il Ssn.
Il policy brief presentato a Roma racchiude in cinque punti le richieste di mondo scientifico, accademico e dell’associazionismo:
1. Realizzare politiche sanitarie basate sui dati relativi alle sostenibilità delle cure. Creazione di un registro nazionale della patologia per una stima aggiornata del numero totale dei malati sul territorio nazionale.
2. Ottimizzare le risorse disponibili tenendo conto dei costi diretti e indiretti della malattia. Ragionare in termini di personalizzazione delle cure, migliorando l’appropriatezza terapeutica e identificando precocemente i pazienti che hanno bisogno di terapie avanzate.
3. Migliorare la capacità del sistema sanitario di riconoscere e rispondere in modo efficace ai bisogni e alle aspettative di cura del paziente. Istituire una rete assistenziale sul modello Hub& Spoke. Realizzare una gestione integrata con il territorio, con percorsi agevolati di re- ferral e slot dedicati per visite mediche ed esami.
4. Promuovere una gestione della CU improntata all’approccio Value Based Care. Integrare gli attuali sistemi di valutazione della qualità ed efficacia delle cure con indicatori degli outcome percepiti dal paziente (es., PROMs e PREMs).
5. Diffondere una cultura capillare sul ruolo delle nuove terapie tra i medici. Promuovere interventi volti a creare un known-how sulla corretta gestione della CU nell’ottica di un miglioramento dell’appropriatezza terapeutica e della personalizzazione delle cure.
Grandi disparità nell’assistenza tra regione e regione
Ricorda Salvo Leone, direttore generale di AMICI ITALIA che «nel 2016 il Piano Nazionale Cronicità (PNC) ha riconosciuto la Colite Ulcerosa come una delle patologie che richiedono una pianificazione sanitaria dedicata, mirata a garantire una gestione integrata che tenga conto dei bisogni globali del paziente, non limitandosi solo agli aspetti clinici. Tale approccio mirava a promuovere l’appropriatezza delle prestazioni, a razionalizzare l’allocazione delle risorse e a migliorare la Qualità della Vita (QoL) dei pazienti, in sintonia con i principi della Medicina Basata sul Valore (Value Based Medicine), migliorando la capacità del sistema sanitario di riconoscere e rispondere in modo efficace ai bisogni e alle aspettative di cura del paziente. Tuttavia, è importante notare che le direttive e le raccomandazioni del PNC sono state implementate solo parzialmente, creando un quadro eterogeneo all’interno dell’Italia. La gestione della CU nell’attuale contesto italiano si presenta come un patchwork, con notevoli disparità sia tra le diverse regioni che all’interno delle stesse regioni stesse. Questa situazione frammentata mette in evidenza la necessità di un’armonizzazione delle pratiche e delle risorse per garantire una cura uniforme e di alta qualità a tutti i pazienti affetti da CU in tutto il Paese, tenendo conto che la digitalizzazione rappresenta il futuro nella gestione di tante patologie croniche. L’adozione delle tecnologie digitali può contribuire a migliorare l’accesso alle cure, a monitorare in modo più efficace i pazienti e a fornire servizi più personalizzati, contribuendo così a realizzare gli obiettivi di integrazione e equità nella gestione delle patologie croniche come la CU, oltre al contenimento dei costi».
«Mancano vere e proprie reti assistenziali per le Malattie Infiammatorie Croniche intestinali (MICI), come la CU, con la sola eccezione delle regioni più virtuose come la Sicilia e la Campania che hanno implementato un Pdta regionale, e mancano connessioni tra i Centri di riferimento e la medicina del territorio», aggiunge Ambrogio Orlando, direttore Unità Operativa Semplice Dipartimentale Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali dell’AO Ospedali Riuniti “Villa Sofia-Cervello” di Palermo. «Inoltre, nonostante i benefici riconosciuti dall’uso delle terapie target (farmaci bio-tecnologici e piccole molecole che svolgono un ruolo molto importante nella cura del paziente affetto da MICI, favorendo l’attenuazione, se non addirittura la scomparsa dei sintomi), oltre un terzo dei pazienti affetti da MICI, attualmente non riceve tali trattamenti, perché ha difficoltà ad accedere ai centri per la prescrizione delle terapie avanzate».
La necessità di una strategia condivisa
«Il documento presentato oggi in Senato», afferma Alberto Avaltroni, VP e Country Head di Galapagos Italia, «vuole sottolineare come la Colite Ulcerosa sia una patologia che ha bisogno di attenzione da parte del nostro sistema, dati i numeri in aumento, e di una strategia condivisa nella gestione del paziente. La qualità di vita del paziente è al centro del nostro impegno per la Colite Ulcerosa; riteniamo che i nuovi approcci possano dare un contributo importante alle scelte cliniche e di programmazione sanitaria, e che l’outcome complessivo del paziente debba guidare, insieme agli altri parametri di esito, l’analisi dei risultati di cura».
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