farmacisti
11 Luglio 2024Nel corso di un'ispezione dei Nas sono state rilevate alcune irregolarità: numerose confezioni di farmaci scaduti non erano stati smaltiti, cattiva conservazione di farmaci in frigorifero non funzionante, richieste di rimborso per farmaci non consegnati. Dopo la condanna la Corte d’Appello si è pronunciata in secondo grado
Nel corso di una ispezione dei Carabinieri un farmacista veniva sorpreso in talune condotte, la prima, costituita dall'avere mantenuto numerose confezioni di farmaci scaduti, che avrebbe dovuto conferire alla raccolta secondo il relativo protocollo; la seconda, dall'avere tenuto in cattivo stato di conservazione all'interno di un frigorifero non funzionante farmaci non ancora scaduti; la terza, infine, nell'avere chiesto al servizio sanitario nazionale il rimborso per farmaci mai consegnati ai pazienti, ai quali aveva tolto la cosiddetta "fustella", per incollarla sulla ricetta da inviare appunto all’ufficio competente per ottenere il versamento di denaro non dovuto.
Il farmacista responsabile della struttura veniva imputato del reato di commercio o somministrazione di medicinali guasti (art. 443 codice penale) e del reato di tentata truffa aggravata (art. 56 e 640 codice penale)
In primo grado il Tribunale riteneva sussistere la penale responsabilità dell’imputato e lo condannava alla pena di mesi 4 di reclusione e 400 euro di multa, con confisca e distruzione del materiale sequestrato. La Corte d’Appello è stata quindi chiamata a pronunciarsi in secondo grado. L’imputato ha chiesto l’assoluzione deducendo tra gli altri aspetti che i medicinali scaduti erano stati rinvenuti in alcune cassettiere collocate nel retro della bottega significando che dunque erano destinati allo smaltimento.
Il farmacista osservava che in ogni caso medicinale scaduto non è necessariamente un medicinale che ha cessato di avere efficacia terapeutica, potendosi ritenere al più che dopo la scadenza possa perdere una parte di tale efficacia, ma non per questo non abbia un qualche effetto, per cui il semplice fatto che il farmaco sia arrivato alla data di scadenza non era di per sé sufficiente a definire il prodotto guasto o imperfetto.
Deduceva ancora l’imputato – che non sarebbe corrisposto alla realtà che il frigorifero non fosse funzionante, ma semplicemente avrebbe riportato una temperatura superiore a quella che invece era prescritta per la corretta conservazione dei farmaci, ma era un malfunzionamento temporaneo, dovuto ad un corto circuito verificatosi proprio il giorno in cui i Carabinieri erano andati a fare il sopralluogo, tant'è vero che il giorno seguente era stato riparato.
Pertanto, nel caso specifico, al più, avrebbe potuto ritenersi sussistente l'ipotesi meno grave prevista dall'art. 452 c.p. (delitti colposi contro la salute pubblica) determinata da una semplice disorganizzazione, certo senza alcuna volontà di provocare danni alla salute dei clienti.
Infine, il fatto poi che avesse incollato sulle ricette le fustelle di farmaci mai consegnati, andava soltanto ascritto all'eccessiva confidenza concessa ad alcuni clienti, perlopiù anziani che una volta consegnata la ricetta, poi dimenticavano di andare a ritirare il farmaco o erano deceduti prima di poterlo fare.
La Corte d’Appello ha ritenuto infondata la linea difensiva proposta dall’imputato, ma benché riconosciuta la responsabilità penale del professionista, ha dichiarato estinti i reati per intervenuta prescrizione.
Ha osservato la Corte come sia a dir poco arduo ritenere che i farmaci contenuti nel retrobottega potessero dirsi destinati allo smaltimento, posto che in tale retrobottega erano stati rinvenuti anche i medicinali destinati alla commercializzazione. Inoltre la notevole quantità degli stessi non poteva dirsi compatibile con il numero di abitanti della piccolo centro in cui la farmacia operava.
Non è stata poi ritenuta condivisibile la tesi secondo cui il prodotto scaduto, al più, non possiede più efficacia terapeutica, perché in alcuni casi il prodotto scaduto può diventare tossico e in altri casi la cattiva conservazione del prodotto, ancorché non arrivato a scadenza, può comportare effetti tossici ed è per tale ragione che il produttore raccomanda alla conservazione a specifiche temperature.
La condotta dell’imputato è apparsa ancor più grave in quanto riferita a un numero elevato di farmaci rispetto a quelli commercializzati nella singola farmacia.
Infine, l’ipotesi difensiva secondo la quale le numerose ricette con fustelle trovate nella disponibilità dell'imputato benché il farmaco non fosse stato consegnato al paziente, andrebbe ascritta al fatto che il paziente avesse "dimenticato" di andare a ritirare il medicinale in quanto soggetto anziano o deceduto, è stata ritenuta dalla Corte d’Appello incompatibile con la semplice considerazione che trattasi di fatti eccezionali insuscettibili di verificarsi per il numero e la quantità riscontrati in concreto.
Per approfondire, Corte d’Appello di Roma 16.01.2024 su www.dirittosanitario.net al seguente link:
https://www.dirittosanitario.net/giurisdirdett.php?giudirid=4204&areaid=13
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