Diritto Sanitario
03 Febbraio 2025Attraverso ricorso proposto da un titolare di farmacia, il Tribunale di Lecco ha annullato la sanzione per presunta commercializzazione di mascherine FFP2 senza corretta certificazione di conformità
Il Tribunale di Lecco ha annullato la sanzione di 10 mila euro comminata a un farmacista per la presunta commercializzazione di mascherine FFP2 senza una valida certificazione di conformità. Le mascherine mancavano di una corretta certificazione di conformità ed erano munite di un certificato emesso da un ente cinese che non soddisfaceva i requisiti del Regolamento CE 425/2016, in quanto non faceva riferimento a un ente certificatore comunitario o a un numero identificativo di un organismo notificato. La Camera di Commercio di Como-Lecco in seguito al verbale dei Nas aveva disposto la sanzione.
L’avvocato Stefano Carlo Ribolzi, che ha patrocinato il ricorso proposto dal titolare di farmacia, spiega i motivi dell’opposizione al provvedimento: “Violazione formale degli ispettori là dove nel verbale ispettivo impugnato non lamentavano le mascherine reperite nella farmacia non disponessero delle caratteristiche produttive per definirsi dispositivi di protezione FFP2, bensì del fatto che il marchio fornito dal primo importatore- distributore non fosse accompagnato da un ulteriore comunitario. Assenza dell’obbligo di controllo del marchio fornito dal primo importatore-distributore da parte del farmacista, ritenendo l’obbligo gravi esclusivamente sul primo soggetto importatore - distributore. Assenza di colpa nella condotta del farmacista nel dato momento emergenziale. Quest’ultimo punto, avendo questo difensore evidenziato la particolare funzione pubblica di contenimento della pandemia svolta dalle farmacie, determinava la decisione assunta dal Tribunale di accogliere il ricorso annullando la gravosa sanzione, là dove si ricorda il prezzo di vendita dei beni oggetto di ispezione veniva, attraverso provvedimento governativo, calmierato”.
Il tribunale ha accolto l’opposizione e annullato la sanzione, rilevando che non fosse ravvisabile l’elemento soggettivo della colpa, necessario per l’imputabilità dell’illecito. In particolare, il giudice ha sottolineato che la situazione straordinaria legata all’emergenza sanitaria, la necessità urgente di immettere sul mercato le mascherine e la complessità della normativa emergenziale giustificano la condotta del venditore. Il tribunale ha condiviso quanto evidenziato dal ricorrente riguardo alla buona fede, ritenendo che la presenza della certificazione di conformità avesse indotto il farmacista a ritenere che le mascherine fossero regolari. Di conseguenza, il tribunale ha escluso la colpa, considerando che, in un contesto così particolare, non fosse esigibile dal venditore al dettaglio un controllo più approfondito sull’ente certificatore.
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