Diritto Sanitario
24 Marzo 2025Il tar Lazio ha annullato il divieto del Ministero alla pubblicità con l’espressione “più vantaggioso” per il formato di un farmaco Otc: ’indicazione di convenienza economica non altera la presentazione obiettiva del farmaco poiché il contesto d'acquisto rende chiara la natura del prodotto
Una concessionaria per la vendita in Italia di una specialità medicinale di automedicazione in gel ha agito dinanzi al TAR Lazio per ottenere l'annullamento degli atti relativi a una richiesta di autorizzazione ad effettuare pubblicità sanitaria del farmaco nella parte in cui è stata approvata con modifiche al messaggio pubblicitario mediante l'eliminazione dell'aggettivo "più vantaggioso" riferito al formato da 180g. Più specificamente è stato contestato l’utilizzo nel messaggio pubblicitario dell'espressione "più vantaggioso" (con in nota la specificazione rispetto al prezzo al grammo al rivenditore della confezione da 100g) riferito al formato da 180g più grande del farmaco in questione.
Il diniego all'utilizzo della formula pubblicitaria evidenziata è stato fondato dall'Amministrazione sulla considerazione che si tratta di "aspetti commerciali" non oggetto di autorizzazione e poi, in maniera più esplicita, richiamando il principio di cui all'art. 114, comma 3, lettera a), del D.Lgs. n. 219 del 2006, in base al quale la pubblicità di un medicinale deve favorire l'uso razionale del prodotto, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà e la disposizione di cui all'art. 117, comma 1, lettera g), secondo cui la pubblicità presso il pubblico di un medicinale non può contenere alcun elemento che assimili il farmaco ad un prodotto alimentare, ad un prodotto cosmetico o ad un altro prodotto di consumo.
Secondo l'Amministrazione in sostanza l'aggettivo "più vantaggioso" poiché tipicamente utilizzato per confezioni scorta di prodotti di consumo comune non potrebbe essere riferito ad un medicinale, il cui acquisto è connesso ad una specifica esigenza terapeutica dalla quale dipende anche la scelta del formato più utile. Il TAR ha ritenuto non legittimo l’operato della PA in quanto il profilo pubblicitario in questione attiene ad un aspetto commerciale di convenienza economica di un formato più grande del medicinale da banco in questione.
Si è osservato che la specificazione a sostegno del diniego secondo cui tale espressione porterebbe il pubblico ad assimilare il farmaco ad un prodotto alimentare o cosmetico o comunque di uso comune e dunque a farne un uso non razionale e non rispondente alla finalità terapeutica, rende la decisione macroscopicamente illogica poiché basata su considerazioni sproporzionate che omettono di tener conto di ulteriori fattori (l'acquisto in farmacia, la denominazione del prodotto, le indicazioni terapeutiche,…) di cui pure il pubblico viene contestualmente edotto e che rendono palesi invece la natura e le finalità terapeutiche del prodotto da acquistare.
Dedurre che la mera qualificazione di un formato come "più vantaggioso" riferito al prezzo del medicinale nella confezione più grande costituisca un elemento di per sé idoneo e sufficiente a realizzare nella mente dei destinatari che il farmaco sarebbe simile ad prodotto alimentare o cosmetico o di uso comune, tale per cui l'acquirente sarebbe poi indotto a farne un uso irrazionale appare una deduzione sproporzionata e irragionevole ed inoltre svincolata dagli stessi riferimenti normativi che l'Amministrazione invoca.
Difatti l'art. 114 co. 3 lett. a) del Codice comunitario medicinali àncora l'uso razionale dei farmaci, che la pubblicità deve favorire, ad una presentazione obiettiva e senza esagerarne le proprietà, così la stessa norma al comma 2 dispone che "tutti gli elementi della pubblicità di un medicinale devono essere conformi alle informazioni che figurano nel riassunto delle caratteristiche del prodotto".
Risponde a tali principi – secondo il Tribunale - anche la previsione di cui al successivo art. 117, co. 1 lett. g) che vieta l'utilizzo di elementi che assimilino il medicinale ad un prodotto alimentare, cosmetico o di consumo, poiché evidentemente una tale "percepita" qualificazione indurrebbe l'acquirente a farne un uso non confacente all'indicazione terapeutica e anche rischiosa per la salute, trattandosi pur sempre di medicinale.
Le disposizioni ricordate mirano a garantire che la pubblicità favorisca un uso razionale del medicinale rappresentandone le obiettive caratteristiche e le relative proprietà.
Ne consegue che profili di altro tipo, come quelli relativi alla convenienza economica o l'utilizzo di espressioni particolarmente influenti, possano venire in rilievo ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla pubblicità solo laddove alterino seppure indirettamente la presentazione obiettiva del prodotto e delle sue proprietà.
L’argomentazione del Ministero per cui un mero aspetto di convenienza economica espressa dalla indicazione “formato più vantaggioso” determini nei destinatari della pubblicità una assimilazione del farmaco ad un bene di consumo alternandone conseguentemente l'uso razionale, realizza una doppia inferenza logica che non tiene conto del quadro complessivo in cui l'elemento contestato si inserisce e che soprattutto muove da un "postulato", quello secondo cui la convenienza in termini di "vantaggiosità" sarebbe associata solo a prodotti alimentari o di consumo comune, quando invece ormai anche nello specifico mercato dei farmaci non sono estranei profili di economicità (basti pensare alla distinzione di prezzo tra farmaco "generico" e al suo medicinale di riferimento "originator").
Ha affermato in conclusione il TAR che la mera conoscenza in termini pubblicitari della maggiore convenienza economica nell'acquisto di una confezione piuttosto che di un'altra del medesimo medicinale da banco possa indurre per ciò solo l'utente a considerarlo un prodotto alimentare o altro di consumo e a farne pertanto un uso sconsiderato e non strettamente legato alle finalità terapeutiche appare una conclusione sproporzionata ed eccessiva sia perché una delle premesse appare priva di qualsiasi supporto dimostrativo, sia perché l'elemento pubblicitario va comunque inserito nello specifico contesto di garanzie a tutela della salute che la pubblicità sanitaria deve rispettare in base alle richiamate disposizioni (l'acquisto in farmacia, la denominazione del prodotto, le indicazioni terapeutiche,…) e, non da ultimo, valutato in relazione alle caratteristiche specifiche del medicinale in questione che nel caso di specie è in sostanza una pomata, non facilmente assimilabile ad un alimento e neanche ad un cosmetico.
Per approfondire TAR Lazio 17/03/2025 su www.dirittosanitario.net
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