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14 Febbraio 2022

Storia e Antropologia dell’Agarico Muscario


L'uso del fungo allucinogeno Amanita muscaria (agarico muscario) è attestato da incisioni rupestri preistoriche in molteplici siti archeologici dell'Asia centrale e settentrionale


L'uso del fungo allucinogeno Amanita muscaria (agarico muscario) è attestato da incisioni rupestri preistoriche in molteplici siti archeologici dell'Asia centrale e settentrionale, inclusi quelli del fiume Pegtymel in Siberia, dove l'etnografia ne documenta l'impiego come sostanza inebriante presso diverse popolazioni in due vaste regioni.

Se in alcune di queste regioni l'uso del fungo si è oggi estinto, l'agarico muscario era ed è ancora, presso diverse di queste popolazioni, usato collettivamente, in occasione di cerimonie e di feste, oppure impiegato dagli sciamani per favorire la trance durante le pratiche curative o per contattare gli spiriti dei morti, nelle pratiche divinatorie e nell'interpretazione dei sogni. Samorini ci ricorda che esso era ed è impiegato anche come stimolante, nel corso dei lunghi spostamenti e della caccia, sostenendo che l'uso originario, probabilmente riservato agli sciamani, in seguito all'affievolimento di tale potere istituzionale, si sia diffuso presso altri membri della società tribale. Fra le visioni indotte dall'agarico muscario vi sono gli "uomini-amanita", figure antropomorfe prive di braccia e di gambe considerate gli spiriti del fungo, che fungono da guida nel viaggio psichico. Li si trova già raffigurati nelle incisioni rupestri preistoriche degli antichi popoli siberiani, e sono un motivo ricorrente nella mitologia locale. Questa specie fungina ha avuto un lungo impatto sulla cultura occidentale, tanto da diventare, nell'immaginario collettivo, il prototipo del fungo.
Nel 1968, Gordon Wasson avanza l'ipotesi che fosse questo, il famoso "soma" in uso nelle cerimonie religiose più di 4000 anni or sono presso gli "Arii", e che ad esso fosse dovuto lo stato estatico descritto nella sacre scritture indù (il Rig Veda). Ovviamente la storia è piena di piante e funghi psicotropi usati nei rituali religiosi, ma il soma fa storia a sé perché pare essere il solo caso di pianta direttamente deificata. Il soma non era uno degli dèi principali del pantheon, ma veniva considerato un'entità tangibile, visibile, con un suo ruolo preciso. È notevole che in tempi e luoghi diversi si riporti la stessa cosa: gli uomini-amanita sono sempre uguali. Probabilmente, fra gli Arii, solo al sacerdote era consentito consumare il soma.
Wasson sostiene che gli effetti del soma fossero simili, per effetto estatico, a quelli dei funghi Psilocybe messicani: egli consumò entrambi, ma le due esperienze non furono comparabili, probabilmente perché Wasson non sapeva come consumare il soma, diversamente dal micologo giapponese Rokuya Imazeki che ne sperimentò gli effetti dopo aver arrostito il cappello del fungo sul fuoco; descrisse, al risveglio, un'esperienza estatica incomparabile.
Il ricercatore italiano Fabbro riporta che l'uso del soma dall'India si diffuse nell'antico Iran dove veniva utilizzato nei riti dello Zoroastrismo come sostanza inebriante, l'haoma, che pare fosse estratta dall'agarico. Oltre all'agarico, però, vi sono altre candidature per il famoso Soma, o Haoma: il Peganum harmala (o Ruta siriana) secondo David Flattery e Martin Schartz nel 1998, che concentrano i loro studi sull'Avesta persiano invece che sul Rig Veda. La Ruta siriana è un MAO-inibitore, come l'Ayahuasca.
Per quanto la ricerca di Flattery e Schartz sia stata precisa e considerata di pregio in campo etnobotanico, non tutti sono stati concordi nel considerare l'harmala identico all' haoma descritto nell'Avesta, perché con l'uso ricreativo di questa pianta, ancora in voga, non raggiunge alcuna esperienza di vetta estatica. Più recentemente, i ritrovamenti archeologici di resti di piante in luoghi di culto dell'Iran orientale risalenti al 2000 a.C. lasciano pensare che il soma persiano, ossia l'haoma, fosse composto da Ephedra e Cannabis oppure, negli scavi di Togoluk, da Ephedra e polline di papaveri da oppio. Anche Wendy Doniger O'Flaherty, la sanscritista impiegata da Wasson per tradurre molte parti del Rig Veda, ritiene che l'Amanita muscaria non sia il soma; pensa, anzi, che il soma non sia mai esistito se non nella mente dei sacerdoti, e che le piante usate durante i riti ne fossero, per così dire, i "rappresentanti".
Molto probabilmente, sostiene Fabbro, la pratica di ingerire sostanze allucinogene per raggiungere l'estasi e avere visioni durante le cerimonie religiose finì per influenzare anche gli ambienti sacerdotali ebraici, in particolare durante la prima e la seconda deportazione del popolo ebraico in Babilonia (597 a.C. e 587-520 a.C., rispettivamente). Egli ipotizza che l'esperienza della prigionia abbia permesso ad alcuni gruppi sacerdotali ebrei di conoscere e adottare particolari pratiche religiose che avrebbero influenzato il profetismo e l'apocalittismo, e ravvisa in alcuni dei libri delle sacre Scritture, per esempio in Ezechiele ed Esdra, caratteristiche tipiche delle esperienze estatiche indotte da allucinogeni. Potrebbe essersi verificata una trasmissione delle tecniche per raggiungere l'estasi e le visioni fra il primo giudaismo e il primo cristianesimo, considerati anche i molti elementi comuni fra i due, e in particolare all'interno dell'apocalittismo: la presenza di illustrazioni a mosaico nella basilica di Aquileia che rappresentano funghi con proprietà psicotrope lascia pensare che alcuni riti religiosi del primo cristianesimo, probabilmente legati a culti misterici che dovevano essere tenuti segreti, fossero collegati all'ingestione di sostanze allucinogene che facilitano l'estasi mistica. Certo è che le autorità romane accusarono ripetutamente i primi cristiani di praticare la stregoneria usando sostanze allucinogene (Origene, Contra Celso, I, 68; VI, 38), sebbene Ireneo (130-200 d.C.) vescovo di Lione, sostenesse che solo le chiese eretiche, quindi anche le chiese gnostiche, facessero uso di allucinogeni all'interno di riti magici (Ireneo, Adversus Haereses, I, 13-15; I, 24-25). L'identificazione di immagini che riproducono funghi allucinogeni all'interno di un'antica chiesa cristiana può aiutarci a comprendere alcuni aspetti di quei riti misteriosi o della cosiddetta "disciplina dell'arcano" propria della più antica liturgia cristiana: aspetti che venivano tramandati solo oralmente ai discepoli iniziati. In varie parti d'Italia, fino al XIX secolo, il fungo veniva consumato dopo essere stato depurato dal principio attivo attraverso marinatura, metodo più diffuso in Italia centrale, oppure dopo essere stato pulito dalla cuticola e bollito in acqua o latte.

Tania Re
Cattedra Unesco "Antropologia della salute, biosfera e sistemi di cura" Università degli Studi di Genova


Fonti

Agarico Muscariologia dell'zionicato alla psilocibina. Lapico M. I funghi che curano, Ed. Il Fiorino, 2015 G.
Wasson, Soma, Divine Mushroom of Immortality, Harcourt Brace&Co., Ca, 1968.
David Flattery e Martin Schartz, The Botanical Identity of the Indo-Iranian Sacred Hallucinogen "Soma" and Its Legacy in Religion, Language and Middle Eastern Folklore, University of California Press 1998.

TAG: ALLUCINAZIONI, FUNGHI, AMANITA MUSCARIA, AGARICUS

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