Politica sanitaria
02 Agosto 2024I dati dell'Osservatorio Nazionale Screening (Ons) evidenziano un incremento nella partecipazione ai programmi di diagnosi precoce dei tumori, ma con notevoli variazioni a livello regionale
Gli screening oncologici in Italia mostrano segnali di miglioramento, ma l'obiettivo del 90% di adesione entro il 2025, stabilito dalle istituzioni europee, resta un traguardo ancora distante. I dati pubblicati dall'Osservatorio Nazionale Screening (Ons) evidenziano un incremento nella partecipazione ai programmi di diagnosi precoce dei tumori, ma con notevoli variazioni a livello regionale.
Nel 2023, il 55% delle donne si è sottoposto alla mammografia per la diagnosi precoce del tumore alla mammella, in aumento rispetto al 46% del 2018. Per il carcinoma del colon-retto, il 34% degli uomini e delle donne over 50 ha effettuato il test del sangue occulto nelle feci, una leggera diminuzione rispetto al 35% del 2018. Per il cancro al collo dell'utero, il 41% delle donne ha eseguito l'Hpv o il Pap test, stabile rispetto al 2022 ma in crescita rispetto al 35% del 2018.
Francesco Cognetti, presidente della Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce) sottolinea che c’è stato “un miglioramento dopo i difficili anni della pandemia, durante i quali molti esami di prevenzione oncologica secondaria sono stati interrotti e rinviati. Tuttavia, i tassi d'adesione restano bassi e persistono grandi differenze regionali”.
Le differenze a livello regionale sono marcate. Nello screening colorettale, i tassi più bassi si registrano in Calabria (6%), Sicilia (14%) e Lazio (19%), mentre i più alti sono in Veneto (64%), Valle d'Aosta (63%) e Friuli-Venezia Giulia (52%). Per lo screening cervicale, la Sicilia e il Molise registrano i tassi più bassi (22%), seguiti dal Lazio (26%), mentre il Friuli-Venezia Giulia (77%), la provincia autonoma di Trento (67%) e l’Emilia-Romagna (63%) mostrano i tassi più alti. Nello screening mammografico, Calabria (16%), Molise (32%) e Campania (33%) presentano i numeri peggiori, mentre Trento (78%), Veneto (76%) e Umbria (73%) i migliori.
“Alcuni dati di singole regioni - osserva Cognetti - sono francamente inaccettabili e spesso riscontriamo differenze vistose anche tra ASL confinanti. Rimangono tuttavia forti le disuguaglianze tra il Nord e il Sud del Paese e preoccupano molto i tassi decisamente bassi registrati nel Lazio. Per il carcinoma del colon-retto e quello della cervice uterina i dati sono rispettivamente del 19% e del 27%, e per il carcinoma della mammella del 41%, nettamente inferiori alla media nazionale”.
La bassa adesione agli screening è attribuita a vari fattori, tra cui una sottovalutazione generale da parte della popolazione e problemi burocratici e organizzativi. "Le nuove tecnologie, offerte dal web e dalle telecomunicazioni, dovrebbero essere maggiormente sfruttate per coinvolgere i cittadini come già avviene in alcuni territori", sostiene Cognetti. "La diagnosi precoce dei tumori è fondamentale. Gli screening riducono i tassi di mortalità per i carcinomi del colon-retto, della cervice uterina e della mammella".
Per migliorare la situazione, Cognetti suggerisce di incentivare la prevenzione secondaria dei tumori molto diffusi attraverso campagne d'informazione e sensibilizzazione a livello nazionale e regionale. "Va ribadita e incentivata in tutto il Paese la prevenzione secondaria di tumori molto diffusi, il cui impatto può essere ridotto. Servono campagne d'informazione e di sensibilizzazione rivolte all'intera popolazione".
L'Italia ha ancora molta strada da fare per raggiungere l'obiettivo del 90% di adesione agli screening oncologici, ma con interventi mirati e un maggiore utilizzo delle tecnologie, si può sperare in un miglioramento significativo nei prossimi anni.
https://www.osservatorionazionalescreening.it/
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