Società titolare di farmacia, Consiglio di Stato: Casa di cura è socio incompatibile
Una casa di cura non può avere, in nessuna forma, partecipazioni in una società titolare dell'esercizio della farmacia. Lo ribadisce l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
Una casa di cura non può avere, in nessuna forma, partecipazioni in una società titolare dell'esercizio della farmacia: la disposizione di legge è "sufficientemente chiara nel legare questa incompatibilità alla partecipazione in quanto tale, nella misura in cui ad essa si correla comunque la prospettiva di ricavarne degli utili". Così si è espressa l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 5/2022) sulla questione, nata da un ricorso al Tar Marche, relativa al tema di incompatibilità di un medico socio di una società quest'ultima a sua volta socia di altra società titolare di farmacia.
Una casa di cura esercita la professione medica
A segnalare la sentenza "rilevante" in quanto "presenta non solo aspetti di valenza nazionale, ma anche la natura di principio generale di diritto", è la Federazione degli Ordini dei farmacisti che aveva promosso il chiarimento vista "l'importanza professionale della questione oggetto di contenzioso". Nella sentenza, sottolinea la Fofi, vengono fissati due principi. Da una parte l'interpretazione funzionale di "esercizio della professione medica", che assicura "il fine di prevenire qualunque potenziale conflitto di interessi derivante dalla commistione tra questa attività e quella di dispensazione dei farmaci" da cui ne deriva l'applicabilità della incompatibilità "anche ad una casa di cura, società di capitali e quindi persona giuridica, che abbia una partecipazione in una società, sempre di capitali, titolare di farmacia". Dall'altra, si stabilisce che una società concorre nella "gestione della farmacia", per il tramite della società titolare di cui è socio, se, "per le caratteristiche quantitative e qualitative di detta partecipazione sociale, siano riscontrabili i presupposti di un controllo societario". I Giudici richiamano la legge 124 del 2017 che ha disciplinato, tra le altre cose, anche il regime delle incompatibilità includendo tra queste anche l'esercizio della professione medica. Consiglio di Stato ribadisce l'esistenza di due distinte e separate regole di incompatibilità. La prima definisce la partecipazione (societaria) alle società titolari di farmacie, "incompatibile con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l'esercizio della professione medica". La seconda regola rinvia alle disposizioni che definiscono la medesima partecipazione (societaria) "incompatibile, tra le altre cose, con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato". "Il punto cruciale - sottolineano i giudici - attiene al rapporto tra la clinica privata e i medici che in essa (e per essa) svolgono la loro attività". La struttura, a titolo contrattuale risponde per il comportamento dei medici, della cui collaborazione si avvale, per l'adempimento della propria obbligazione. Pertanto, "anche una persona giuridica, in particolare una clinica privata, può considerarsi esercitare, nei confronti dei propri assistiti, la professione medica", in un'interpretazione "funzionale e sistematica, coerente con la ratio ispiratrice della regola di incompatibilità".
Evitare conflitti di interesse con impatto sulla salute e sanità pubblica
L'Adunanza Plenaria ricorda che la ratio tradizionale è di "evitare eventuali conflitti di interesse, che possano ripercuotersi negativamente sullo svolgimento del servizio farmaceutico e, quindi, sul diritto alla salute". Consentire ad una casa di cura, "che offre prestazioni mediche composite e nel cui ambito si prescrivono medicinali, di partecipare ad una società che ha la titolarità di una farmacia e che come tale dispensa e rivende medicinali previa prescrizione medica, finirebbe per rendere possibile una integrazione verticale di beni ed attività con una potenziale confusione di ruoli tra domanda ed offerta, passibile di determinare privilegi ed abusi di posizione, oltre che conflitti di interesse". Quindi, "una volta rinvenuto nella fattispecie in esame l'elemento dell'esercizio della professione medica, ne consegue che sussiste l'incompatibilità nel senso che la casa di cura non può avere partecipazioni in una società titolare dell'esercizio della farmacia". E precisa che non può avere alcuna partecipazione "senza che occorra distinguere in ragione della natura e della incidenza della singola partecipazione, essendo la disposizione di legge sufficientemente chiara nel legare questa incompatibilità alla partecipazione in quanto tale, nella misura in cui ad essa si correla comunque la prospettiva di ricavarne degli utili".
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A cura di Redazione Farmacista33
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