farmacista
05 Aprile 2024 Nelle scorse settimane è stata pubblicata la sentenza della Cassazione Penale (n. 10658/2024) che ha confermato la responsabilità penale di un farmacista che aveva proposto un farmaco dimagrante a una paziente che poi ha avuto problemi di salute
Nelle scorse settimane è stata pubblicata la sentenza della Cassazione Penale (n. 10658/2024) che ha confermato la responsabilità penale di un farmacista coinvolto in una vicenda di trattamenti farmacologici allestiti nella farmacia, usati off-label, e finalizzati al dimagrimento. Abbiamo chiesto all’Avvocato Rodolfo Pacifico del Centro Studi Diritto sanitario una disamina della sentenza.
“Confermata dalla Corte di cassazione la sentenza che ha riconosciuto la responsabilità penale del farmacista per il reato di lesioni personali colpose (art. 590 codice penale). Il titolare è stato condannato a due mesi di reclusione oltre al risarcimento dei danni sofferti dalla persona offesa in una vicenda di trattamenti farmacologici finalizzati al dimagrimento.
Nel mese di marzo 2015 una giovane si rivolgeva al titolare di una farmacia noto anche per l’esercizio di fatto della attività di dietologo per iniziare una dieta nonostante pesasse 60 chili e fosse alta 1,72. Il sanitario assicurava un trattamento che avrebbe consentito una rapida perdita di peso.
Come ricostruito nelle sentenze di merito, nell’occasione non venne espletata una visita medica né vennero disposte analisi di laboratorio né predisposta una vera e propria dieta con l’indicazione dei pasti e le relative quantità. Il trattamento dimagrante era costituito unicamente dalla somministrazione di pillole preparate dal farmacista con assunzione prima dei pasti principali (quattro al mattino, quattro prima di pranzo e quattro prima di cena). La confezione di prodotto aveva un costo di circa 250 euro.
Secondo il farmacista il trattamento avrebbe eliminato le calorie introdotte con il cibo ed avrebbe assicurato il dimagrimento a prescindere da ciò che la paziente mangiava.
La giovane già nell’immediatezza del trattamento aveva avvertito una perdita totale dell'appetito, una continua sete, conati di vomito ed un senso di spossatezza tale da alterare negativamente la qualità della vita al di là del dimagrimento registrato. Il farmacista informato dei disturbi consigliava di continuare il trattamento, ma i sintomi evolvevano in senso peggiorativo con dissenteria, vomito, paralisi degli arti inferiori, delle mani, della testa, interruzione del ciclo, perdita dei capelli.
I primi giorni del mese di luglio 2015 la paziente veniva così ricoverata presso una struttura sanitaria dalla quale, viste le gravi condizioni, veniva trasferita per essere infine dimessa molti giorni dopo sebbene provata e non ancora in buone condizioni di salute.
L’istruttoria che ha condotto alla conferma delle pronunce di primo e secondo grado ha ricostruito un utilizzo "off label" di farmaci, cioè per scopi diversi da quelli consigliati, senza valutazione del rapporto tra costi e benefici, senza adeguata valutazione clinica, senza ricetta, al di fuori dei canoni previsti dalla legge n. 94/98 (c.d. legge Di Bella) nonché della disciplina contenuta nel Codice deontologico e peraltro da soggetto che, essendo farmacista, non era abilitato a somministrarli.
Per approfondire Cassazione Penale 14.03.2024
www.dirittosanitario.net al seguente link https://www.dirittosanitario.net/giurisdirdett.php?giudirid=4179
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