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14 Maggio 2024I risultati di studi pubblicati dal BMJ confermano il potenziale impiego della psilocibina come antidepressivo. Per i ricercatori sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i fattori che massimizzano il potenziale di trattamento
La psilocibina, il principio attivo dei funghi "magici", è risultato più efficace per i sintomi della depressione rispetto ai controlli, secondo una revisione sistematica pubblicata da The BMJ, che fornisce una conferma del suo potenziale impiego come antidepressivo, anche se a detta dei ricercatori “sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire i fattori che massimizzano il potenziale di trattamento della psilocibina per i sintomi della depressione”.
La metanalisi condotta da Athina-Marina Metaxa e Mike Clarke, rispettivamente dell’Università di Oxford e dei Royal Hospitals di Belfast, ha evidenziato una riduzione marcata nei punteggi di depressione tra i partecipanti trattati con psilocibina rispetto a quelli trattati con un placebo. L'analisi ha incluso sette studi randomizzati controllati con un totale di 436 partecipanti. La qualità degli studi è stata valutata utilizzando lo strumento Cochrane’s Risk of Bias 2, e la certezza delle evidenze è stata classificata come bassa a causa dell'alta eterogeneità osservata tra gli studi.
Gli autori hanno riconosciuto limitazioni significative, inclusa la mancanza di diversità tra i partecipanti e possibili bias legati al finanziamento degli studi, e il fatto che l'efficacia del trattamento potrebbe variare notevolmente in diversi contesti clinici.
“La psilocibina mostra un notevole potenziale, ma è imperativo procedere con cautela” scrive Riccardo De Giorgi, anche lui dell’Università di Oxford, nell’editoriale di accompagnamento, ponendo l'accento sulla necessità di un dialogo informato e rigoroso tra la comunità scientifica e il pubblico per evitare ripercussioni negative legate a un'adozione prematura della psilocibina come trattamento.
MJ 2024. Doi: 10.1136/bmj-2023-078084
http://doi.org/10.1136/bmj-2023-078084
BMJ 2024. Doi: 10.1136/bmj.q798
http://doi.org/10.1136/bmj.q798
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