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31 Maggio 2024I farmaci psichedelici potrebbero tornare a supportare le cure per le malattie mentali dopo decenni di oblio e condanna: gli esperti sottolineano l’enorme potenziale terapeutico ma suggeriscono cautela

Psilocibina (funghi magici), mescalina (cactus Peyote), DMT, LSD e altre sostanze come ecstasy e ketamina potrebbero presto ritornare nell’arsenale terapeutico per le malattie mentali dopo decenni di oblio e condanna. Il rinnovato interesse è confermato dal Congresso nazionale della Società Italiana di Psichiatria, che ha dedicato un’intera sessione al tema in occasione dei suoi 150 anni, celebrati al Palazzo della Gran Guardia di Verona. A sostenerlo da tempo è Rick Doblin, presidente della Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS).
Gli studi aprono la strada a possibili approvazioni
La mole crescente di studi sperimentali condotti da istituzioni scientifiche di prestigio, tra cui la John Hopkins University, la New York University, l’UCLA, l’University of New Mexico, l’Imperial College di Londra, il Psychiatric University Hospital di Zurigo e l’Hospital Sau Pau di Barcellona, sta spianando la strada a un’apertura da parte delle agenzie regolatorie europee, americane, inglesi e australiane verso l’uso terapeutico di sostanze a lungo bandite da qualsiasi sperimentazione.
A luglio dello scorso anno, l’ente regolatore australiano ha autorizzato l’uso di MDMA e psilocibina per scopi medici. Successivamente, a settembre, in Europa è stata inserita una sezione dedicata agli psichedelici nelle Linee Guida dell’EMA per il trattamento della depressione resistente.
“Dopo un viaggio molto lungo e strano, gli psichedelici potrebbero infine fare ritorno per rimanere.” Queste sono le parole esatte di Rick Doblin, presidente della Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (MAPS), ora confermate dagli esperti italiani.
Psichiatri: cautela su efficacia. Somministrazione solo in un ambiente sanitario
Liliana Dell’Osso, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP), ha espresso il suo parere sulla possibilità di reintegrare i farmaci psichedelici tra le opzioni terapeutiche per le malattie mentali: “Queste molecole, bandite negli anni ‘70-’80 perché ritenute dotate di un alto potenziale di abuso e prive di un apprezzabile valore medico, col nuovo millennio sono tornate al centro dell’interesse scientifico, rimanendo tuttavia in bilico tra chi cautamente frena e prende le distanze dagli errori del passato e chi invece, con toni entusiastici, si spinge in avanti intravedendo un enorme potenziale terapeutico.”
“Come sempre, la verità sta nel mezzo - ha confermato Emi Bondi, presidente uscente della Società Italiana di Psichiatria (SIP). “Sulla psilocibina, molecola che risulterebbe efficace nella depressione resistente, sono presenti numerosi studi in letteratura. Questa condizione coinvolge circa il 30% di tutti coloro che soffrono di depressione maggiore. Sapendo che la prevalenza di questa malattia si aggira intorno al 6% della popolazione, possiamo stimare che il 2% della popolazione generale potrebbe beneficiare di questo tipo di trattamento.”
Giancarlo Cerveri, responsabile della sessione al congresso SIP e primario di psichiatria a Lodi ha precisato “L’effetto di queste sostanze è immediato e va supportato da un intervento di tipo psicologico. La somministrazione deve essere effettuata in un ambiente sanitario.”
“I benefici dati da queste sostanze” ha continuato Cerveri, “persistono per mesi, e la psilocibina non sembra comportare rischi di dipendenza. I meccanismi con cui agisce sono del tutto diversi rispetto ai tradizionali antidepressivi. Per gli psichedelici atipici, la ketamina è stata ampiamente utilizzata per la depressione resistente e un suo derivato, l’esketamina, è già utilizzato anche in Italia per questo tipo di disturbo”.
“Infine,” conclude Cerveri, “esiste una condizione clinica di complesso trattamento, il Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), in cui i pazienti rimangono legati a una sintomatologia fortemente connessa all’evento traumatico. L’utilizzo di un empatogeno come l’MDMA, noto anche come ecstasy, associato a psicoterapia, sembra produrre risultati molto promettenti. In Australia, è già stato comunicato il trattamento di alcuni pazienti con questa molecola.”
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