farmaci equivalenti
07 Ottobre 2025La X edizione dell’Osservatorio Egualia–Nomisma 2025 lancia l’allarme: prezzi fermi, costi in aumento e dipendenza dall’estero mettono a rischio la sostenibilità del comparto. Tra le misure urgenti, adeguamento dinamico dei prezzi, gare multi-aggiudicatarie, incentivi alla produzione europea e revisione del payback sui farmaci fuori brevetto
Tempo scaduto per agire: serve con urgenza un’agenda di interventi per salvare i farmaci equivalenti che includa l’adeguamento dinamico dei prezzi dei farmaci fuori brevetto, la revisione delle gare pubbliche, il superamento del payback per i farmaci fuori brevetto e politiche ambientali che non compromettano le produzioni. Un alert che emerge dalla X edizione dell’Osservatorio Egualia – Nomisma 2025 presentato oggi a Roma: senza misure di tutela e una chiara agenda industriale, la crisi rischia di diventare irreversibile.
Il comparto in Italia raggruppa 102 imprese per un totale 10.900 addetti diretti, per un valore della produzione che ha toccato i 6,4 miliardi e 1,6 miliardi di valore aggiunto diretto generato. Tuttavia, l’aumento dei costi di produzione (+32% tra il 2019 e il 2023, +9,5% solo nell’ultimo anno), trainato dal rincaro delle materie prime (+40,6% sul periodo), ha eroso i margini, mettendo sotto pressione la redditività di un settore che opera già con prezzi regolati e fermi da anni.
Ma cresce anche il rischio di concentrazione: il 46% dei medicinali equivalenti critici è oggi fornito da solo 1 o 2 produttori, con casi in cui resta un unico fornitore per principio attivo. Un sistema così fragile espone a carenze diffuse e prolungate.
Il Rapporto evidenzia che l’Europa acquista all’estero il 48% dei principi attivi, il 60% degli intermedi e l’85% delle materie prime regolamentate. Un’architettura a rischio di interruzione delle forniture, che rende urgente una politica industriale europea per i farmaci critici essenziali.
“Fare presto” è il monito dello studio che delinea le tempistiche per una nuova agenda industriale per i farmaci critici: impianti esistenti e nuovi, ma sostenibili nel lungo periodo. “Perché questo progetto diventi operativo – ha commentato Lucio Poma, capo economista di Nomisma - serve una tempestiva revisione delle politiche di prezzo, rimborso e acquisto pubblico”. E ha aggiunto che a livello europeo, il pane ha segnato +45% e l’indice generale dei prezzi al consumo +30%, ma i farmaci equivalenti critici sono fermi a +2% e quelli più diffusi addirittura deflattivi a –8%. “Questa forbice – che distingue nettamente questi farmaci da quelli innovativi – mette a rischio la sostenibilità industriale degli equivalenti”.
Nello studio Nomisma la prima e più basilare raccomandazione di policy è adeguare i prezzi perché “alcune multinazionali hanno già dichiarato che nel biennio 2026-2027 rischiano di dover procedere al ritiro progressivo delle AIC di diverse famiglie di principi attivi se i prezzi resteranno sotto le soglie minime di remuneratività”.
L’Osservatorio indica la necessità di una nuova agenda industriale per la farmaceutica essenziale, articolata in più direttrici:
Il Sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, ha sottolineato che i farmaci equivalenti sono essenziali per garantire equità nell’accesso alle cure e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale: “In questa direzione si inserisce il Testo Unico della legislazione farmaceutica, un provvedimento che nasce con spirito di proattività, programmazione e sburocratizzazione. L’obiettivo è dare certezze al settore, introducendo strumenti efficaci per costruire un sistema moderno e sostenibile, capace di rispondere tempestivamente ai bisogni dei cittadini e di garantire la continuità delle terapie”.
Il presidente di Egualia, Stefano Collatina, ha evidenziato come il comparto dei farmaci equivalenti “cresce, investe, dà lavoro, ma è schiacciato da regole che ne minano la sostenibilità”. Ha avvertito che, se i prezzi rimangono fermi mentre i costi aumentano, molte aziende potrebbero abbandonare i farmaci essenziali, “lasciando i cittadini senza cure di base”. Le aziende non si chiedono sussidi, ma “condizioni economiche e regolatorie eque”, con strumenti come prezzi sostenibili, gare multi-aggiudicatarie, basi d’asta realistiche, incentivi alla produzione europea e abolizione del payback sui fuori brevetto, sottolineando che “il nostro settore non è un costo, è una risorsa”.
“Se cede l’industria dei fuori brevetto, crolla l’intera impalcatura dell’accesso ai farmaci. Oggi il nostro Paese vanta impianti produttivi di altissimo livello… se non cambiamo rotta, i farmaci prodotti in Italia rischiano di non essere più destinati al mercato interno”.
Concludendo, ha lanciato un appello alla politica: “I farmaci equivalenti non sono una commodity. Sono la spina dorsale delle terapie quotidiano. È il momento di passare dalle dichiarazioni ai fatti: il tempo è già scaduto”.
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