Ipotiroidismo, Iss: in Italia raggiunta la iodosufficienza
La iodosufficienza è stata raggiunta in tutte le Regioni esaminate e la valutazione ecografica del volume tiroideo nei bambini ha mostrato la scomparsa del gozzo in età scolare
La iodosufficienza è stata raggiunta in tutte le Regioni esaminate e la valutazione ecografica del volume tiroideo nei bambini ha mostrato la scomparsa del gozzo in età scolare. Questo l'esito dell'indagine su un campione di circa 4mila bambini reclutati per valutare l'assunzione di iodio nella popolazione italiana. Il report è stato condotto dall'Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia-Osnami dell'ISS in collaborazione con gli Osservatori Regionali per la Prevenzione del Gozzo ed ha riguardato 9 Regioni rappresentative del Nord, Centro e Sud del Paese (Liguria, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Calabria, Sicilia).
L'uso del sale iodato e miglioramento dei parametri tiroidei
La determinazione della concentrazione urinaria di iodio effettuata sui piccoli di età compresa tra gli 11 e i 13 anni ha evidenziato il raggiungimento della iodosufficienza in tutte le Regioni esaminate, mentre la valutazione ecografica del volume tiroideo in questi bambini ha mostrato la scomparsa del gozzo in età scolare. In collaborazione con i Centri di Screening Neonatale per l'Ipotiroidismo Congenito di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto-Verona e Calabria, inoltre, è stata analizzata la frequenza di valori elevati di TSH neonatale, marcatore utilizzato per lo screening neonatale dell'ipotiroidismo congenito in tutti i neonati e che costituisce un indicatore di nutrizione iodica in epoca neonatale e, indirettamente, della gravidanza. Anche l'analisi questo indicatore ha mostrato un miglioramento con una riduzione dei valori elevati (6.4% nel 2004; 4.9% nel 2018). Un più accurato monitoraggio delle donne in gravidanza è attualmente in corso. Altro dato importante è l'utilizzo del sale iodato in circa il 70% delle famiglie dei bambini reclutati, dato coerente con i risultati dello studio PASSI condotto dall'ISS su 130.000 intervistati adulti, che ha evidenziato l'uso del sale iodato nel 74% degli Italiani intervistati. Questi dati, presentati a ridosso della Settimana Mondiale della Tiroide (24-30 maggio), sono il risultato della seconda sorveglianza sullo stato nutrizionale iodico della popolazione italiana (Rapporto Istisan "Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia-Dati 2015-2019") e giungono a 15 anni dall'approvazione della Legge 55/2005 "Disposizioni finalizzate alla prevenzione del gozzo endemico e di altre patologie da carenza iodica", che ha introdotto il programma di iodoprofilassi nel nostro Paese regolando la vendita e l'utilizzo del sale iodato.
Programma nazionale di iodoprofilassi
Il successo del programma nazionale di iodoprofilassi, che si basa sull'uso di sale iodato, è stato raggiunto nonostante negli ultimi anni si sia osservata in Italia una riduzione di circa il 12% del consumo di sale nella popolazione, così come dimostrato da un recente studio coordinato dall'ISS. Questa che sembra una contraddizione si spiega con il fatto che la concentrazione di iodio nel sale commercializzato in Italia (30 mg/kg) è, almeno per il momento, sufficiente a contrastare l'impatto di tale riduzione. «Il raggiungimento della iodosufficienza certamente rappresenta un traguardo importante per la salute pubblica - commenta Antonella Olivieri, responsabile dell'Osnami -. Tuttavia, in una prospettiva futura esso costituisce solo un primo passo nel lungo percorso ancora da fare per consolidare il programma nazionale di iodoprofilassi. L'obiettivo che il Paese ora dovrà porsi sarà quello di garantire la sostenibilità di questo importante programma di prevenzione. Ciò sarà possibile se si potrà realizzare una incisiva azione di formazione sull'importante tema della prevenzione dei disordini da carenza iodica che sia rivolta non solo alle nuove generazioni di medici, nutrizionisti e dietisti, ma anche agli studenti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, così come già sperimentato con successo con il protocollo d'intesa tra Istituto Superiore di Sanità, società scientifiche, associazioni dei pazienti e Miur nel triennio 2016-2019».
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A cura di Francesca Giani
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