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08 Luglio 2022

Tamponi e test solo in farmacia, per la Consulta non c’è questione costituzionale


Tamponi e test sierologici solo in farmacia, sentenza della Corte Costituzionale reputa "non irragionevole" la scelta dell'esclusiva operata dal legislatore


«La decisione di consentire soltanto alle farmacie, e non anche alle parafarmacie, l'effettuazione dei tamponi antigenici rapidi e test sierologici, a fronte della diversa natura dei due soggetti e del differente regime giuridico che li caratterizza, rientra nella sfera della discrezionalità legislativa e non è censurabile per irragionevolezza». È questo uno dei punti affermati dalla Corte costituzionale, con la sentenza depositata ieri, in cui vengono dichiarate non fondate le questioni di costituzionalità sollevate dal Tar Marche in merito alla previsione della legge Bilancio 2020 che aveva aperto alla possibilità di eseguire tali test nelle farmacie.

Tar Marche e tamponi in parafarmacia: la Consulta si esprime

La vicenda nasce a seguito della decisione del Tar delle Marche, che, con ordinanza di gennaio 2022, si era espressa sul ricorso proposto dalle rappresentanze delle parafarmacie e da un gruppo di titolari di parafarmacie contro la Regione Marche per l'annullamento in autotutela della Delibera «volta a recepire l'accordo con le parafarmacie per l'effettuazione di test antigenici rapidi e i test sierologici», e aveva rimesso la questione alla Corte Costituzionale. «Le disposizioni censurate», era stato il punto del Tar, «nella parte in cui consentono alle sole farmacie, e non anche alle cosiddette parafarmacie, l'effettuazione dei test" Covid "determinerebbero un'irragionevole disparitaÌ di trattamento tra farmacie e parafarmacie, limitando inoltre, senza un giustificato motivo, la libertaÌ di iniziativa economica delle seconde, che non potrebbero svolgere un'attività che invece le prime, operanti nello stesso mercato di riferimento, sono abilitate a svolgere».
Per la Consulta, che oggi ha depositato la sentenza (n. 71, redattore Filippo Patroni Griffi) «le questioni di legittimità costituzionale non sono fondate».

La sentenza: tra farmacia e parafarmacia "significative differenze"

Nella sentenza viene fatta una prima premessa: «Questa Corte eÌ chiamata a sindacare non la generale scelta legislativa di tenere distinto il regime normativo che caratterizza le farmacie da quello che disciplina invece le parafarmacie, ma la puntuale scelta del legislatore, compiuta con le norme censurate, di consentire alle prime, e non anche alle seconde, la possibilità di effettuare i test sierologici e i tamponi antigenici rapidi anti Covid-19». Secondo i giudici, come si legge nel testo, «l'esistenza di elementi comuni a farmacie e parafarmacie - e, nel caso di specie, la presenza di farmacisti abilitati presso entrambe - non eÌ tale da mettere in dubbio che fra i due esercizi permangano una serie di significative differenze, tali da rendere la scelta del legislatore non censurabile in termini di ragionevolezza e di violazione del principio di uguaglianza». Nel testo viene richiamato il contesto normativo e giurisprudenziale secondo cui da un lato «le parafarmacie sono esercizi commerciali che possono effettuare attività di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di automedicazione e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a prescrizione medica», dall'altro lato «le farmacie erogano l'assistenza farmaceutica, oggi ricompresa tra i livelli essenziali di assistenza, e svolgono un servizio di pubblico interesse. Le farmacie, dunque, rientrano nell'ambito del Servizio sanitario nazionale (Ssn) e la loro attività non eÌ più ristretta alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma si estende alla prestazione di servizi».

Su tamponi scelta del legislatore non è irragionevole

Nel merito della scelta del legislatore effettuata con la legge bilancio 2020 «questa si fonda, essenzialmente, sull'inserimento delle farmacie nell'organizzazione del Servizio sanitario nazionale, che consente loro di condividere con le autorità sanitarie procedure amministrative finalizzate a fronteggiare situazioni ordinarie ed emergenziali, anche mediante il trattamento di dati sensibili in condizioni di sicurezza». Coinvolgendo nell'attività di tracciamento «soltanto le farmacie il legislatore si eÌ affidato a soggetti, presenti e ordinatamente dislocati sull'intero territorio nazionale in ragione delle esigenze della popolazione, che già fanno parte del Servizio sanitario nazionale e che, in tale veste, sono stati chiamati a erogare servizi a forte valenza socio-sanitaria». Alla luce di questo, «non può dirsi irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di mantenere l'erogazione dei servizi sanitari» di tracciamento del Covid 19 «all'interno del circuito del Ssn e di non estenderla anche a soggetti che hanno a riferimento l'ambito della distribuzione commerciale».

A pesare la possibilità di adottare misure nazionali di contenimento del Covid-19

C'è poi la questione delle scelte sanitarie a livello Paese: con la previsione della «Legge bilancio 2020 è stata contenuta e predeterminata la platea di soggetti che sono tenuti a trasmettere alle autorità sanitarie i dati dei test antigenici rapidi; dati il cui trattamento rientra nell'ambito della disciplina del Regolamento generale sulla protezione della privacy. In tal modo, sono stati chiamati a interfacciarsi con le autorità sanitarie, attraverso sistemi informativi e telematici già in uso, soltanto soggetti - le farmacie, appunto - che, proprio perché già inseriti nel Ssn, sono interlocutori abituali. Aspetto, questo, tanto meno censurabile in termini di ragionevolezza, soprattutto se si pensa che la trasmissione di dati personali sensibili eÌ funzionale anche all'adozione, da parte delle autorità sanitarie, di provvedimenti limitativi della libertaÌ di circolazione, che il legislatore può dunque ben ritenere richiedano un livello di "certificazione" riferibile a un soggetto già inserito nel sistema e che riveste la qualifica di concessionario di un pubblico servizio».

Tali considerazioni valgono anche a escludere che le disposizioni siano, come sostenuto dal giudice rimettente, «in conflitto logico con la ratio sottesa alla normativa emergenziale, ossia quella di incrementare il numero di tamponi». Questi, infatti, ha, nella sua discrezionalità, valutato maggiormente rispondente alla tutela della salute, da un lato, che tali test siano effettuati siÌ in un numero inferiore di luoghi, ma distribuiti sul territorio nazionale secondo logiche di adeguatezza rispetto alla popolazione, cui assicurare con continuità l'accesso a tali prestazioni sanitarie; dall'altro, che la trasmissione dei dati relativi ai test sia effettuata da un numero limitato di soggetti, rendendo cosiÌ più agevole la loro ricezione e gestione da parte delle autorità sanitarie, anche sotto il profilo dell'adozione dei provvedimenti a tutela della salute pubblica».

A orientare la decisione legislativa, è la conclusione, «non eÌ stata, dunque, la figura professionale del farmacista - neì la cosiddetta riserva di farmacia, relativa più propriamente alla vendita di determinati farmaci - ma la valutazione che la limitazione alle sole farmacie della possibilità di effettuare i test in questione fosse funzionale, per le ragioni anzidette, a un più efficace monitoraggio della circolazione del virus Sars-CoV-2 e, pertanto, a garantire una migliore tutela della salute pubblica su tutto il territorio della Repubblica. In un quadro complesso, ove vengono in gioco diversi interessi e primo tra tutti la tutela della salute, l'individuazione del punto di equilibrio spetta al legislatore, e ove, come nel caso di specie, l'esercizio della discrezionalità legislativa non sia irragionevole, esso non eÌ censurabile da questa Corte».

Francesca Giani

TAG: FARMACIA, COVID-19, TEST SIEROLOGICI, TAMPONI RAPIDI, TAMPONE MOLECOLARE

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