Endometriosi: alimentazione corretta per tenere sotto controllo i sintomi
L'endometriosi è una patologia cronica, caratterizzata da una crescita di cellule dell'endometrio al di fuori della cavità uterina e più comunemente sulle superfici viscerali e peritoneali nella zona pelvica. In Italia sono affette da endometriosi il 10-15% delle donne in età riproduttiva. Il picco si verifica tra i 25 e i 35 anni, ma la patologia può comparire anche in fasce d'età più basse. Questo accumulo di cellule dell'endometri al di fuori dell'utero provoca una serie di sintomi molto dolorosi con grave disagio fisico e difficoltà nella vita relazionale. In Italia l'endometriosi è classificata come patologie cronica e invalidante, negli stadi clinici più avanzati ("moderato o III grado" e "grave o IV grado"). Alle pazienti è quindi riconosciuto il diritto ad usufruire in esenzione di alcune prestazioni specialistiche di controllo. Le strategie terapeutiche attualmente disponibili non sono soddisfacenti (J Cell Physiol. 2017;1-6). Molti ancora sono gli aspetti allo studio che riguardano la patogenesi o la diagnostica. L'approccio chirurgico, con la rimozione dei focolai, preservando l'apparato genitale riproduttivo è considerato l'intervento meno invasivo e che può essere ripetuto più volte nel tempo.
Omega3 per ridurre l'infiammazione addominale
Un ambito di studio che, seppur non promette di risolvere la malattia, può aiutare a controllare i sintomi è l'alimentazione. Una dieta adeguata infatti, lungi dall'essere considerata una cura, può alleviare alcuni sintomi, migliorando la vita quotidiana di chi è affetto dalla malattia. Come? Preferendo cibi antinfiammatori, che abbiano un'azione disintossicante e soprattutto senza ormoni, molecole che tendono a far avanzare la patologia. A spiegarlo è il Centro italiano endometriosi, che fornisce una serie di consigli su quali alimenti preferire e come integrarli nella dieta quotidiana, rimandando ovviamente al consulto con uno specialista nutrizionista o un dietologo per la personalizzazione. Lo scopo principale è il controllo del livello di estrogeni nel flusso sanguigno per rallentare la risposta dei tessuti estrogeno-dipendenti. Per questo il consiglio è di aumentare il consumo di fibre sino al 20 - 30% nei pasti, in modo da ridurre gli estrogeni circolanti. In particolare, è suggerito il ricorso ad alimenti come legumi, verdure, frutta e cereali integrali che concorrono anche al controllo del picco glicemico. Un discorso mirato infatti va fatto per lo zucchero, alimento noto per essere fra i principali responsabili della promozione dello stato infiammatorio nell'organismo. Livelli elevati di insulina, infatti, sono associati a livelli più bassi di Shbg (Sex hormone binding globulin, globulina legante gli ormoni sessuali), proteina in grado di legare il testosterone, il diidrotestosterone (Dht) e l'estradiolo (estrogeno). Quando i livelli di Shbg sono bassi, maggiore è la disponibilità di ormoni nel corpo. Da qui l'importanza di scegliere alimenti e stili dietetici che moderino la risposta insulinemica. È suggerito poi di aumentare il consumo di acidi grassi omega 3 (in pesce azzurro, frutta secca, olio di oliva e semi oleaginosi come chia, di girasole, di zucca e di lino) che favoriscono la produzione della prostaglandina Pge1, attiva nel ridurre l'infiammazione livello addominale. Una nota particolare riguarda alimenti come la carne rossa, da limitare in favore della carne bianca di origine e allevamento controllati (per scongiurare il pericolo della presenza di ormoni); i prodotti contenenti soia (salsa di soia, tofu, seitan, edamame) non andrebbero consumati per il loro contenuto di fitoestrogeni; e infine il glutine non da eliminare completamente ma da limitare prediligendo fonti di cereali integrali e farine poco raffinate. Una corretta impostazione dietetica, quindi, può aiutare a ridurre la sintomatologia dolorosa contrastando lo stato infiammatorio e migliorando la gestione quotidiana della malattia.
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