Farmaci
24 Marzo 2025La profilassi anti Virus respiratorio sinciziale varia da regione a regione, creando disuguaglianze nell'accesso alle cure per i neonati. La Società Italiana di Pediatria chiede una strategia nazionale
L’accesso alla profilassi contro il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS) con la somministrazione dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab è ancora segnato da forti disuguaglianze regionali. Tempistiche diverse e criteri disomogenei stanno lasciando scoperti molti bambini. Lo mette in evidenza uno studio della Società Italiana di Pediatria (SIP), realizzato con il supporto delle sezioni territoriali, che chiede un intervento urgente per uniformare la strategia di prevenzione e assicurare equità nell’accesso alla profilassi.
Le modalità di somministrazione dell’anticorpo monoclonale Nirsevimab, introdotto in Italia per la prevenzione universale delle infezioni da VRS nei neonati, variano sensibilmente da una Regione all’altra. Mentre Lombardia, Piemonte, Sicilia e Veneto offrono la protezione a tutti i nati dal 1° gennaio 2024, altre Regioni – come Lazio, Toscana e Friuli-Venezia Giulia – applicano criteri più restrittivi, con una copertura parziale. Ancora più limitata la protezione per i neonati in Regioni come Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Sardegna e Umbria, dove la somministrazione è riservata solo ai bambini nati durante la stagione epidemica (novembre-marzo).
"Questa prima stagione di introduzione dell’anticorpo monoclonale ha prodotto le diseguaglianze che temevamo - afferma il presidente della SIP, Rino Agostiniani. - Ora è il momento di lavorare a una strategia comune per arrivare alla prossima stagione in maniera coordinata e garantire a tutti i neonati la stessa opportunità di protezione".
Attualmente, nella maggior parte delle Regioni, i nati tra novembre e marzo ricevono la profilassi direttamente nei punti nascita, mentre quelli nati al di fuori della stagione epidemica devono accedere al trattamento attraverso i Pediatri di libera scelta o i centri vaccinali. Tuttavia, la mancata disponibilità uniforme delle dosi ha penalizzato i nati “fuori stagione”.
"Non tutti i bambini hanno avuto la stessa possibilità di essere protetti – sottolinea Raffaele Badolato, coordinatore delle sezioni regionali della SIP e curatore dello studio – perché le Regioni hanno adottato programmi molto difformi e non tutte hanno avuto accesso alle stesse quantità di dosi".
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