Politica e Sanità

13 Dicembre 2014

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Le farmacie territoriali che offrono servizi di cambio siringhe usate e dispensazione di metadone, possono giocare un ruolo importante nello screening di gruppi a rischio per l'epatite C, nell'ambito dell'assistenza primaria. È questa l'indicazione data da una commissione di medici e ricercatori inglesi incaricati di studiare soluzioni per valutare l'impatto della patologia e che in un lavoro pubblicato su The Lancet sostengono che «eseguire lo screening dell'epatite C nell'ambito delle cure primarie è costo-efficace». Secondo la commissione è necessario trovare «nell'assistenza primaria, un setting non tradizionale che possa intercettare persone a rischio che sfuggono agli altri servizi sanitari. Queste strategie, unite all'introduzione di nuovi farmaci, possono far ben sperare nell'eradicazione dell'infezione». L'ipotesi di incrementare il ruolo dei farmacisti risponde a due delle 10 raccomandazioni generali della commissione: «Aumentare l'esperienza clinica di chi opera nell'assistenza primaria e aumentare i servizi di sostegno sul territorio per pazienti ad altro rischio, come lo sono i soggetti che fanno uso di droghe endovena o seguono programmi di disintossicazione con metadone. Secondo Sarah Knighton, a capo della farmacia del King college hospital Nhs Foundation trust, «con questa strategia è possibile avere una rete nazionale a cui afferiscono soggetti a rischio che possono essere rinviati al servizio più idoneo». Soprattutto, sottolinea, «alla luce del fatto che chi è in terapia con il metadone si rivolge quotidianamente al farmacista di comunità con la possibilità di costruire un buon rapporto che rende più facile discutere questi problemi con il paziente».

Simona Zazzetta