Politica e Sanità

30 Gennaio 2015

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Fumata nera tra Stato e Regioni, l'intesa sui tagli prevista ieri è slittata ai prossimi giorni, perché ancora non c'è un punto d'incontro comune. Gli stessi governatori sembrano divisi tra falchi e colombe. A fronte di una richiesta di complessivi 4 miliardi di risparmi sul Fondo sanitario nazionale e sui Fondi obiettivo del Piano sanitario nazionale, il Veneto non ha votato in Conferenza e minaccia il ricorso alla Corte costituzionale contro l'accordo alla firma, mentre una maggioranza di regioni - almeno, a detta del presidente dei governatori Sergio Chiamparino - sarebbe disposta a rinunciare a un aumento del Fondo sanitario da 2 miliardi, con sempre più probabili conseguenze sul capitolo spesa farmaceutica, in cambio della possibilità di utilizzare il patto verticale. Si tratta della possibilità per le regioni di sovvenzionare gli enti locali - comuni e province ma non le Asl che esercitano la responsabilità patrimoniale in nome e per conto delle regioni - ove i passivi impedissero loro di finanziare voci di spesa essenziali come i trasporti o le politiche sociali e la stessa assistenza ai non autosufficienti e ai disabili. Le regioni vorrebbero in pratica raddoppiare i propri interventi in aree diverse dalla sanità, ma sempre in qualche modo legate al Welfare, dai 600-700 milioni degli anni scorsi a un miliardo di euro o qualcosa in più, anche attingendo al tesoretto di una settantina di miliardi dei fondi di coesione. Il fatto che il Governo abbia ventilato ulteriori tagli ai trasporti per una cifra intorno ai 150 milioni ha complicato la trattativa. Pare invece per ora scongiurata la possibilità prevista dalla legge di stabilità che in assenza di accordi sui tagli entro gennaio intervenga direttamente il governo con un mancato finanziamento e quindi con tagli acritici, lineari.

Mauro Miserendino