Politica e Sanità
22 Gennaio 2016In questi giorni il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha voluto ricordare ai farmacisti rurali che il Governo non si è dimenticato di loro, ribadendo "l'importante funzione sociale" svolta dai professionisti del farmaco, specialmente quelli che presidiano zone disagiate, e impegnandosi a trovare una soluzione al fine di "tutelare la delicata funzione sociale assicurata dalle farmacie rurali con ben noti vincoli di spesa". Un intervento che è stato accolto positivamente dai farmacisti che lavorano nelle aree meno popolose d'Italia: «Non stiamo chiedendo niente di più che il giusto riconoscimento dell'attività svolta da questi presidi e il rispetto per le leggi» commenta Roberto Grubissa, Farmacista e Segretario Nazionale Federfarma Sunifar, parlando con Farmacista33 «Valuto positivamente l'intervento della Lorenzin che ha chiarito ancora una volta che, per legge, era stato previsto un adeguamento Istat per la valutazione del fatturato delle farmacie rurali sussidiate, un adeguamento che dal'96 non è mai avvenuto».
Il problema non è solo il mancato adeguamento Istat, ma l'impossibilità di calcolare il fatturato delle farmacie rurali sussidiate a causa della mancanza di una legge che uniformi questo sistema. «Dal '96 a oggi non si è mai capito come calcolare il fatturato: in tutta Italia ci saranno più di 50 tipologie di calcolo del fatturato della farmacia rurale sussidiata, questo ha dato luogo a un sacco di cause, ricorsi, controricorsi», sottolinea Grubissa. I ricorsi, ovviamente, rappresentano un'ulteriore spesa per lo Stato e non solo. Questa situazione «va sistemata con un emendamento apposta che corregga queste difformità nei conteggi», spiega Grubissa. I farmacisti che lavorano nelle aree rurali sono professionisti che offrono un servizio alla comunità 365 giorni all'anno, facendo turni di notte, senza coperture di nessun tipo, in Paesi anche di sole 400 anime, dove spesso non ci sono servizi: «Qui la posta funziona a giorni alterni, c'è solo la scuola elementare mentre le altre distano 15 km, non ci sono ambulatori, la caserma dei carabinieri è vuota, per qualsiasi emergenza l'unica volante disponibile è a 30 km di distanza», racconta Grubissa. Le farmacie sono presidi dello Stato e «lo Stato deve metterci in condizione di fare una vita dignitosa».
Queste condizioni spiegano anche perché la liberalizzazione della fascia C potrebbe comportare un rischio ben più grave, quello dell'impoverimento della pianta organica: «Il rischio è che spariscano anche le farmacie - spiega il Segretario Nazionale Federfarma Sunifar- questo si incastra con la problematica delle parafarmacie e della fascia C: è già successo di parlare con colleghi che sarebbero pronti a lasciare la farmacia attuale per aprire una parafarmacia in un'altra zona" qualora lo Stato decidesse di consentire la vendita dei farmaci di fascia C ai farmacisti proprietari di parafarmacie collocate in zone commercialmente appetibili».
Attilia Burke
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