Politica e Sanità
19 Luglio 2017Offerte di servizi disomogenee, assistenza domiciliare non per tutti e a rischio sotto il profilo della qualità e quantità, sigle e modelli diversi per definire le unità che si occupano di cure territoriali. È questo il quadro che emerge dal Monitoraggio dei servizi sul territorio, "Fuori dall'ospedale dentro le mura domestiche", realizzato da Cittadinanzattiva - Tribunale per i diritti del malato con il contributo non condizionato di Abbvie e presentato oggi a Roma.
Nello specifico, ad esempio, i Centri diurni per la salute mentale sono in media 29,8 per Regione (sul campione intervistato) ma si va dai 3 del Molise ai 69 della Toscana passando per i 21 di Puglia e Piemonte e i 28 dell'Emilia Romagna. Idem per i Centri per l'Alzheimer che vanno dall'1 del Molise ai 109 del Veneto con 4 in Campania, 8 in Puglia e 11 in Umbria. E il 40% delle Regioni intervistate è sprovvisto di Centri diurni per persone con autismo. I cittadini apprezzano la disponibilità e professionalità degli operatori delle cure domiciliari, ma lamentano in due casi su cinque una eccessiva rotazione nel personale inviato a casa. Sempre lunghi i tempi per l'attivazione dei servizi a domicilio: uno su cinque attende oltre dieci giorni; più di un mese di attesa per un quarto dei cittadini che necessitano di letti antidecubito, o di traverse e pannoloni; un cittadino su tre attende oltre un mese anche per la carrozzina, e uno su dieci per ottenere farmaci indispensabili. La rilevazione è stata condotta tramite questionari rivolti agli assessorati regionali (14 Regioni), Direzioni di aziende sanitarie (36 Asl), responsabili di distretto (82 Distretti), Responsabili di Unità complesse di cure primarie (14), circa 1800 pazienti tra quelli in cure domiciliari e pazienti cronici che non necessitano di assistenza domiciliare ed è stata realizzata grazie a oltre 100 attivisti volontari del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. «Di fronte a confusione, difformità, ritardi e iniquità nell'offerta di servizi sanitari territoriali che abbiamo rilevato, cause di profonde disuguaglianze, abbiamo una proposta chiara - ha spiegato Tonino Aceti, Coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. È urgente che Stato e Regioni lavorino al DM 70 dell'assistenza territoriale che, analogamente a quanto si è fatto per gli ospedali, definisca gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici da garantire a tutti i cittadini in tutte le aree del Paese: dal nord al sud, nelle grandi città come nei piccoli centri e nelle aree interne più disagiate. Abbiamo bisogno di poter contare non solo sull'ospedale, ma di trovare nel territorio un punto di riferimento affidabile e presente sempre. È ora di passare dalle enunciazioni e promesse ai fatti».
Nel 75% delle Regioni monitorate, le funzioni delle Atf (Aggregazioni Funzionali Territoriali) sono riportate negli atti regionali, ma l'esplicitazione di un coordinamento tra Aft e Uccp (Unità Complesse di Cure Primarie) è ferma al 63%. L'84% dei distretti coinvolti nell'indagine riferisce la presenza di una Centrale della continuità o di una struttura equivalente, posta sul territorio, per garantire il collegamento tra le strutture ospedaliere e i servizi territoriali. «La prima cosa che balza agli occhi - sottolinea il Rapporto - è la numerosità di nomi utilizzati per definirla. Le Uccp: in Emilia Romagna Toscana e Piemonte si chiamano Case della Salute, in Veneto ci sono le Medicine di Gruppo Integrate, in Piemonte i Centri di Assistenza Primaria. Nel 90% dei casi è presente un sistema informatizzato regionale ma solo nel 56% delle regioni è integrato con il sociale».
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