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Politica e Sanità

27 Ottobre 2017

Concorso e ruralità, l’esperto: chiarire la questione intervenendo anche sulla norma del ‘68


Se sulla questione dell'attribuzione della maggiorazione per chi ha prestato esercizio in farmacia rurale nel concorso straordinario l'emendamento contenuto nel Ddl Lorenzin, che deve ultimare il passaggio al Senato per l'ultima lettura e su cui girano ipotesi di fiducia, possa mettere la parola fine, occorrerà aspettare. Certo, la necessità di una legge autentica «che, come si sa ha valore retroattivo» spiega Maurizio Cini, professore all'Università di Bologna e presidente Asfi (Associazione scientifica farmacisti italiani), è imprescindibile «e il Ddl Lorenzin è il treno che è passato e andava colto». L'emendamento in questione (16.05 Scopelliti), vale la pena ricordarlo, prevede di aggiungere un articolo (16-bis) dal titolo "Disposizioni in materia di concorso straordinario per l'assegnazione delle sedi farmaceutiche", secondo cui: «Il punteggio massimo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 30 marzo 1994, n. 298 è da intendersi comprensivo dell'eventuale maggiorazione prevista dall'articolo 9 della legge 8 marzo 1968, n. 221». Una formulazione che avrebbe potuto essere più esaustiva, ricomprendendo anche la norma del '68: «si tratterebbe in buona sostanza di aggiornare il massimo della maggiorazione portandola a punti 7,00, riformando così l'art. 9 della legge 221/68, che dice che "Ai farmacisti che abbiano esercitato in farmacie rurali per almeno 5 anni come titolari o come direttori o come collaboratori verrà riconosciuta una maggiorazione del 40 per cento sul punteggio in base ai titoli relativi all'esercizio professionale, fino ad un massimo di punti 6,50"». E «di chiarire che tale punteggio massimo è quello che ogni commissario può attribuire, facendo così salve tutte le precedenti graduatorie nelle quali, in nessun caso, è stato conferito un punteggio per titoli professionali superiore a 35,00».
Ecco la riflessione completa di Maurizio Cini.

Per comprendere la questione occorre fare un passo indietro esponendo l'esegesi della norma del '68 a favore dei rurali. Nel 1968 infatti anche la farmacia subì una ventata di rinnovamento nella quale dirompente fu l'ammissione della trasferibilità delle farmacie per atto tra vivi o mortis causa. In parole povere la compravendita o l'ereditarietà dell'autorizzazione all'esercizio.

Un occhio di particolare riguardo lo ricevettero i farmacisti (titolari, direttori o collaboratori di farmacie rurali con almeno cinque anni di esercizio) ai quali veniva riconosciuta la maggiorazione del 40% sul punteggio relativo ai titoli professionali fino al massimo di punti 6,50. Si badi bene che la legge che seguì di pochi giorni la 8 marzo 1968, n. 221, precisamente la legge 2 aprile 1968, n. 475, stabiliva tutte le norme concorsuali, compresi i punteggi, disponendo, per quelli professionali, un massimo di punti 6,50 per commissario. Da questa previsione, tenuto conto che i commissari erano cinque, si giungeva facilmente alla conclusione che il punteggio massimo attribuibile ai candidati era di punti 32,50.

Fino a quando la problematica non è stata sollevata era scontato che la maggiorazione del 40% sul punteggio base con il suo limite di punti 6,50 riguardasse il punteggio che ogni commissario poteva attribuire. Questa considerazione rispondeva ad una stringente logica concorsuale in base alla quale un limite doveva comunque esserci nella valutazione dei singoli commissari, ma anche a quella meritocratica in un contesto dell'epoca che voleva che i farmacisti più giovani venissero incentivati a esercitare nelle zone più disagiate (allora) come lo erano (sempre allora) quelle rurali. Con i punteggi così conseguiti, i giovani dopo cinque anni di esercizio avrebbero potuto contare, in un concorso per sedi urbane, su di un punteggio maggiorato del 40% ma, tassativamente entro il tetto dei 32,50 punti qualora il punteggio base, con la maggiorazione, superasse detto valore massimo.

Purtroppo però, come quasi sempre avviene, il legislatore ha scarsa memoria e quando ventitré anni dopo nel 1991 approvò la legge 362/91 (Norme di riordino del settore farmaceutico), dopo avere abrogato tutta la disciplina concorsuale di cui alla legge 475/68, affidò al Presidente del Consiglio dei Ministri il compito di riformare il concorso (DPCM 298/94). Con il decreto, il cui iter è durato ben tre anni (1991 > 1994), il rapporto tra titoli professionali e di studio e carriera passò da 6,50/3,50 a 7,00/3,00) per cui ogni commissario disponeva in totale sempre di 10,00 punti ma spostando così l'ago della bilancia verso i titoli professionali. Il fatto grave fu la dimenticanza, anche da parte del capo del governo, dell'esistenza di quell'art. 9 della legge 221/68 che rimase così scollegato dalle norme successive (legge 362/91, DPCM 298/94 e tutte le disposizioni che seguirono).

Ora la situazione impone una decisione che detti la parola fine a questa vicenda, frutto di una cattiva produzione legislativa, come l'interrogante On. Occhiuto ha giustamente chiesto. Esistono infatti pronunciamenti giurisprudenziali, tra i quali emerge quello del Consiglio di stato in merito al concorso del 2009 nella regione Sardegna, che hanno riconosciuto la legittimità di una procedura di attribuzione del punteggio non certo in accordo con le intenzioni del legislatore del 1968. Essendo però il Consiglio di stato il secondo e ultimo grado della giurisprudenza amministrativa, è solo il legislatore a potere intervenire con una legge di interpretazione autentica che, come si sa, ha valenza retroattiva. Si tratterebbe in buona sostanza di aggiornare il massimo della maggiorazione portandola a punti 7,00, riformando così l'art. 9 della legge 221/68, e di chiarire che tale punteggio massimo è quello che ogni commissario può attribuire, facendo così salve tutte le precedenti graduatorie nelle quali, in nessun caso, è stato conferito un punteggio per titoli professionali superiore a 35,00.

Così procedendo il legislatore, superando anche la sentenza sul concorso sardo, darebbe piena legittimazione a quanto previsto dai bandi regionali nei quali era tassativamente previsto che il punteggio relativo all'attività professionale non poteva superare il valore di punti 35,00 ai sensi del regolamento concorsuale del 1994.

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