Politica e Sanità
16 Ottobre 2018Il Consiglio dei ministri nella serata di lunedì, ha approvato il decreto fiscale, il decreto semplificazione che contiene disposizioni per la deburocratizzazione, la tutela della salute, le politiche attive del lavoro e altre esigenze indifferibili, e il disegno di legge di bilancio 2019 che contiene anche alcune misure di interesse sanitario. Nel decreto fiscale, previste alcune agevolazioni sui debiti con il fisco, fatturazione elettronica obbligatoria dal primo gennaio 2019, emissione delle fatture entro 10 giorni dalla operazione alla quale si riferiscono, slittamento del pagamento dell'Iva al momento in cui la fattura viene incassata, obbligo generalizzato di memorizzare e trasmettere telematicamente i corrispettivi. Bisogna andare nel Decreto Semplificazione per le disposizioni in materia di salute che riguardano le transazioni con le aziende farmaceutiche per il ripiano della spesa farmaceutica per gli anni 2013-15 e per il 2016; il commissariamento delle Regioni in piano di rientro dal disavanzo del settore sanitario in merito al quale viene prevista l'incompatibilità della figura del commissario con qualsiasi altro incarico istituzionale presso la Regione; l'istituzione della Anagrafe nazionale vaccini, con l'obiettivo di monitorare i programmi vaccinali sul territorio dare alle Asl il polso della popolazione immunizzata e non. Infine, l'istituzione del fondo per la riduzione delle liste d'attesa previsione che ha un richiamo anche nel ddl Bilancio 2019 dove (punto 15.) il Governo interviene con lo stanziamento, tra l'altro, di un fondo da 50 milioni per le regioni e aggiunge che "con l'istituzione del Centro Unico di Prenotazione (Cup) digitale nazionale, si potrà monitorare quando effettivamente sono stati presi gli appuntamenti, in modo da evitare possibili episodi fraudolenti di indebito avanzamento nelle liste d'attesa". Per quanto riguarda le altre misure sanitarie previste nel ddl Bilancio per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019 - 2021, ci sono 505 milioni in più previsti sul Fondo sanitario per far fronte all'aumento della spesa farmaceutica e 284 milioni in più che il governo intende destinare all'aumento dei contratti del comparto, dei medici dipendenti (dirigenza Ssn) e dei convenzionati. Infine, l'abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di Medicina, "permettendo così a tutti di poter accedere agli studi".
Tra le misure non sanitarie approvate dal governo ci sono i 780 euro mensili caricabili sul bancomat per disoccupati e inoccupati che frequentino corsi di formazione e svolgano 8 ore settimanali di lavori socialmente utili, la possibilità di pensionarsi quando la somma tra età anagrafica e anni di contributi fa 100. C'è poi la flat tax che conferma aliquota al 15% per i professionisti fino a 30 mila euro annuo ma il reddito si alza a 50 mila per gli altri microimprenditori e a 65 mila per le società più piccole che scelgono una contabilità trasparente; il costo dell'operazione è stimato in 600 milioni, cui però si aggiungono 1,5 miliardi di sgravi per imprese che reinvestano gli utili; per contro arrivano 3 miliardi dall'abolizione delle agevolazioni sull'impresa previste dal precedente governo nel 2019. Per gli affitti arriva una cedolare secca al 21%, anche per le attività commerciali. Resta l'obbligo della fattura elettronica dal 1° gennaio per i professionisti e i lavoratori autonomi, che dovranno dotarsi di un'app e di un programma di archiviazione ad hoc, ovvero attivare il commercialista anche se al 99% fanno diagnosi e cura, cioè prestazioni non ivate (e inviano ogni gennaio i dati dei destinatari delle fatture per il 730 precompilato). E resta l'obbligo di pagare la benzina con carta di credito o strumenti tracciabili per chi volesse dedurre i costi dell'auto. Totale complessivo della manovra, che la Commissione europea dovrà valutare nei prossimi giorni, 36,7 miliardi di euro di cui 16 tra reddito di cittadinanza e possibilità di anticipare l'età pensionabile. Che, a fronte di 15 miliardi di coperture, fa un deficit da 21 miliardi, ma scenderebbe a 8,5 se il governo accettasse di aumentare l'Iva sui servizi dal 22 al 24% e dal 10 all'11,5%.
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