Farmaci e dintorni
24 Settembre 2013Si chiama nalmefene il principio attivo di un nuovo medicinale autorizzato per la terapia della dipendenza da alcol. Superata la procedura centralizzata europea, il farmaco è prescrivibile da pochi mesi anche in Italia, in classe C. Si tratta di un modulatore del recettore degli oppiodi, per la precisione un agonista parziale dei recettori k e antagonista dei recettori mu e delta, che riduce il senso di piacere legato all’assunzione di alcol aiutando, nel tempo, a ridurne il consumo, fino al 60% in meno in 6 mesi secondo gli studi clinici. Il medicinale, in compresse per uso orale, è indicato in pazienti adulti con livelli di consumo ad elevato rischio (oltre 60 g/dì per gli uomini e oltre 40 g/dì per le donne), senza sintomi da sospensione e che non richiedono interventi immediati di disintossicazione. Inoltre deve essere prescritto solo congiuntamente a un supporto psicosociale continuativo, mirato all’aderenza al trattamento e alla riduzione del consumo di alcol. La terapia va iniziata solo nei soggetti che mantengono un livello di consumo a elevato rischio dopo 2 settimane dalla valutazione iniziale e deve essere seguita al bisogno: infatti nalmefene può e deve essere assunto solo quando il paziente sa che poi consumerà delle bevande alcioliche, preferibilmente una o due ora prima, oppure il prima possibile. Si assume una sola compressa per volata, indifferentemente a stomaco pieno a vuoto. In Italia si stima circa 1 milione di alcoldipendenti e, di questi, secondo i dati del Ministero della Salute, solo 58.000 circa si rivolgono ai Servizi deputati alla cura e riabilitazione dell’alcoldipendenza. «Nalmefene rivoluziona l’approccio terapeutico all’alcoldipendenza offrendo il vantaggio di proporre al paziente un obiettivo di trattamento intermedio più realistico e quindi più accettato, in cui la riduzione del consumo può costituire uno step intermedio per preparare i pazienti alla completa astensione, oltre che essere associato ad una riduzione della morbilità e mortalità alcol correlate» ha spiegato Luigi Janiri, professore di Psichiatria, Università Cattolica del Sacro Cuore.
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