Nutrizione
14 Maggio 2015La listeriosi è una fra le più ricorrenti tossinfezioni alimentari degli ultimi anni, causata da Listeria monocytogenes, la forma patogena di una famiglia molto ampia di batteri, comprendente più di 10 specie. Nel 2011 nell'UE sono stati segnalati circa 1470 casi di malattia nell'uomo; tra il 2012 e il 2013 la crescita è stata dell'8,6% e, secondo le ultime rilevazioni, non accenna a diminuire. La listeriosi è una malattia considerata rara - ha un'incidenza mediamente di 4 casi per milione di abitanti - ma è caratterizzata da alti tassi di ricoveri ospedalieri e dal 12,7% di mortalità. E' questo il motivo per cui le Autorità sanitarie europee hanno sviluppato, con gli Stati Membri, protocolli di sorveglianza, che prevedono sia l'obbligo di denuncia dei casi di malattia, sia il monitoraggio della presenza di L. monocytogenes negli alimenti a rischio, sia la definizione di limiti massimi consentiti del batterio nei prodotti in vendita. La listeriosi può manifestarsi inizialmente con i sintomi tipici provocati dai patogeni alimentari, anche poche ore dopo il consumo di cibo contaminato, con febbre, diarrea e dolori muscolari; ma può assumere forme sistemiche più gravi, che si rivelano da 30 a 90 giorni dopo l'ingestione dell'alimento, colpendo il sistema nervoso centrale con emicrania, convulsioni e stati confusionali. Particolarmente a rischio sono le fasce più sensibili di consumatori: donne in gravidanza (può provocare aborti o danni cerebrali al feto), neonati e bambini, anziani e immunodepressi.
L. monocytogenes è un batterio ubiquitario che si ritrova nei suoli e nelle acque, quindi può contaminare verdure e ortaggi, ma può essere veicolato anche da latte, carni (di animali infetti) e loro derivati, se consumati crudi; non resiste a temperature superiori a 65°C, per cui la cottura e i trattamenti di pastorizzazione, cui sono sottoposti alcuni prodotti, ne provocano la morte. Fra le principali fonti di infezione ci sono tuttavia i cibi pronti al consumo, anche se pastorizzati, poiché è possibile che l'alimento si contamini dopo la trasformazione o dopo il trattamento termico, se le condizioni igieniche o di conservazione non sono state scrupolose: formaggi molli, verdure, carni fredde tipicamente vendute nei reparti-gastronomia, salumi, pasticci di carne, formaggi preparati con latte non pastorizzato e pesce affumicato. Per prevenire e limitare la proliferazione del batterio è necessario quindi, a livello di popolazione, osservare alcuni comportamenti:
-manipolare correttamente gli alimenti e separarli all'interno del frigorifero, che andrebbe mantenuto a basse temperature (5°C, soprattutto se sono presenti cibi cotti);
-lavare coltelli, taglieri e in generale tutte le superfici di lavoro dopo l'uso;
-lavare prima del consumo ortaggi e verdure;
-scaldare ad alte temperatura i cibi precotti;
-le persone più esposte dovrebbero evitare di consumare crudi gli alimenti di origine animale, formaggi molli se non prodotti a partire da latte pastorizzato e fare particolare attenzione che cibi cotti non entrino in contatto con alimenti crudi.
Francesca De Vecchi - esperta in scienze dell'alimentazione
EFSA. The European Union summary report on trends and sources of zoonoses, zoonotic agents and food-borne outbreaks in 2013. Efsa Journal 2015 13(1): 3991
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