Nutrizione
02 Marzo 2017L'ultimo rapporto curato dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), sulla resistenza agli antimicrobici registrata nella UE, conferma la criticità della situazione. Il rapporto presenta i risultati dell'analisi dei dati per il 2015, riguardanti suini e bovini (polli da carne, galline ovaiole e tacchini saranno oggetto delle analisi del prossimo documento) e conferma l'allarme dell'anno precedente: la resistenza agli antibiotici da parte di batteri che possono essere veicolati dal cibo rimane una grave minaccia per la salute pubblica e degli animali stessi ed è già stata riconosciuta responsabile di circa 25 000 decessi/anno nell'UE.
Non sono bastati gli sforzi messi in campo fino a ora dalle Autorità. "Dobbiamo agire su parecchi fronti - ha commentato Vytenis Andriukaitis, commissario europeo per la salute e la sicurezza alimentare - annunciando che quest'estate la Commissione lancerà un nuovo piano per coordinare azioni future, con la finalità di ridurre la diffusione della resistenza agli antimicrobici.
Salmonella, insieme a Campilobacter è ancora fra gli agenti zoonotici più diffusi. La salmonellosi è infatti la seconda tra le malattie a trasmissione alimentare più comunemente riferite nell'UE. La multifarmacoresistenza nei batteri diSalmonellarimane alta, secondo il rapporto, ma la resistenza ad antimicrobici di importanza primaria, usati nei casi di gravi infezione nell'uomo, per ora è bassa. In particolare è stata riscontrata una resistenzaa livelli molto bassi alla colistina in Salmonella (ma anche in E. coli) in suini e bovini. L'uso di questo farmaco, in alcuni Paesi, è comunemente ammesso per controllare le infezioni, in particolare nei suini, ma può essere utilizzata anche nell'uomo come antibiotico di ultima istanza.
"Un uso cauto degli antibiotici in medicina umana e veterinaria è estremamente importante per far fronte alla sfida della resistenza - spiega Mike Catchpole, direttore scientifico dell'Ecdc, riportando l'attenzione sulla responsabilità della filiera alimentare e le pratiche di allevamento oggi in uso.
Qualche indicazione operativa può venire dalla lettura dei dati, che mostrano una finestra di vulnerabilità: i livelli di resistenza agli antimicrobici in Europa infatti variano secondo la regione geografica. Nell'Europa settentrionale e occidentale ci sono generalmente livelli di resistenza inferiori a quelli registrati nell'Europa meridionale e orientale. Queste variazioni si devono probabilmente alle diverse modalità di utilizzo dei farmaci. Dove infatti sono state intraprese azioni per ridurre, sostituire e ripensare l'uso degli antimicrobici negli animali, i livelli di resistenza sono più bassi e si legge una tendenza alla diminuzione, spiega Marta Hugas, responsabile dell'Unità "Pericoli biologici e contaminanti" dell'Efsa, facendo intravedere una possibile strategia per combattere quello che ormai è considerato un problema globale, non solo europeo.
Francesca De Vecchi
Esperta in scienze e tecnologie alimentari
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