Nutrizione
30 Novembre 2017Fra le numerose specie di lupino coltivate al mondo, Lupinus Luteus, di colore giallo, è la più diffusa in Italia ed è fra quelle a maggior contenuto proteico. Le piante di lupino sono state seminate per secoli anche per le loro proprietà in ambito agrario: la ricchezza di proteine e quindi di azoto le rende un buon fertilizzante naturale per i terreni. La stessa qualità fa sì che il lupino oggi sia un legume consigliato per l'alimentazione umana per variare l'apporto proteico di una dieta equilibrata, ma anche per quanti seguono diete di esclusione: vegani, vegetariani o affetti da celiachia. Oltre al buon contenuto proteico (16,4% fonte BDA IEO), il lupino è una fonte privilegiata di aminoacidi essenziali; apporta sali minerali (in particolare ferro, calcio e magnesio), vitamine e fibre (4,8%) che regolarizzano la funzione intestinale. La farina di lupino viene spesso utilizzata, anche per le buone proprietà strutturanti, in prodotti da forno e pasta, in preparazioni vegetali, salse, sostituti del latte e della soia e alimenti senza glutine.
Alcune caratteristiche della sua composizione richiedono una certa accortezza nel consumo. Rari ma non impossibili sono i casi registrati di intossicazione dovuti al naturale contenuto in alcaloidi dei semi. Tali sostanze, che conferiscono al lupino un sapore particolarmente amaro sono la lupanina, lupinina e la sparteina, alcaloidi che producono i sintomi tipici dell'avvelenamento colpendo il sistema nervoso, circolatorio e gastrointestinale e che sono inattivati dalla cottura e allontanati dalla prolungata immersione in acqua (i lupini in vendita sono infatti precotti e conservati in salamoia).
Sebbene esistano varietà con un contenuto inferiore di alcaloidi anche per L. luteus (denominate "lupini dolci"), il consiglio è quello di acquistare solo lupini che siano stati trattati dal produttore secondo le modalità opportune (se all'assaggio dovessero essere molto amari, potrebbero non aver subito la lavorazione adeguata) ed evitare di acquistare lupini secchi se non si ha padronanza del processo necessario per abbattere il contenuto delle tipiche sostanze tossiche prima del consumo (cottura prolungata e ammollo con frequenti cambi d'acqua).
Un altro aspetto importante riguarda la sensibilità verso alcune sue frazioni proteiche, sempre più diffusa. Con l'aumento del consumo e dell'utilizzo come ingredienti in prodotti alimentari sono cresciuti, infatti, i casi diagnosticati di allergia a questo legume. In particolare è stata osservata una cross reattività nel 15-20% di individui con allergia nota alle arachidi, con reazioni che possono essere molto severe, inclusa l'anafilassi.
Francesca De Vecchi
Esperta in scienze e tecnologie alimentari
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