Politica e Sanità
17 Novembre 2011Invitano quasi a un gemellaggio le similitudini che la farmacia dei servizi “alla francese” condivide con quella “made in Italy". Perché a due mesi circa dal decreto con cui il ministero della Sanità di Parigi affidava alle farmacie un ruolo di primo piano nelle cure territoriali e nella continuità assistenziale, tra i titolari c’è già chi parla di «bella utopia». A far discutere è soprattutto la novità del “pharmacien correspondant”, ossia del farmacista di famiglia: in sostanza, dal 5 aprile i francesi possono nominare un farmacista di fiducia (papabile qualsiasi laureato abilitato: il titolare della farmacia preferita, un collaboratore o anche un farmacista ospedaliero) perché lo segua nella terapia farmacologica, ne monitori i progressi, gestisca la ripetizione delle ricette, curi la compliance e così via.
Una meravigliosa novità a detta della grande maggioranza dei farmacisti francesi, peccato però che il decreto si sia “dimenticato” di specificare la remunerazione del servizio. Ed è questa lacuna a rendere diffidenti: una parte dei titolari si dice pronta a farsi carico delle nuove competenze fin d’ora, ma secondo un recentissimo sondaggio di Pratispharma il 67% dei farmacisti preferisce attendere maggiori chiarezze sul capitolo economico. Come in Italia, poi, anche in Francia ad aumentare i dubbi dei farmacisti c’è anche la resistenza dei medici di famiglia: i generalisti transalpini non hanno gradito l’invasione di campo e sostengono che la figura del pharmacien correspondant rischia soltanto di creare confusione. E anche questo fa “dejà vu”.
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