Politica e Sanità
17 Novembre 2011L’esercizio abusivo è un fenomeno che in Italia contamina trasversalmente quasi tutte le professioni sanitarie, ma nel caso dei fisioterapisti diventa praticamente un cancro: 50mila circa gli operatori abilitati e 100mila gli abusivi, per un rapporto di uno a due che è difficile non definire impressionante. Di qui il perché della campagna “Giù le mani” lanciata proprio in questi giorni dall’Aifi: la qualifica di fisioterapista, è in sostanza il messaggio dell’associazione di categoria, può essere utilizzata legittimamente soltanto dai professionisti che hanno conseguito la relativa laurea; chi è uscito da corsi per massaggiatori o si fregia di una laurea in scienze motorie non ha i titoli per esercitare la professione, perché il fisioterapista è l’unico autorizzato alla riabilitazione, ossia a prendersi cura delle persone malate. Rivolgersi a un operatore non titolato in presenza di patologie diagnosticate significa andare incontro a rischi più o meno consistenti. Non a caso nell’ambito della campagna, lanciata in concomitanza con la Giornata mondiale della fisioterapia, l’Aifi ha compilato un vademecum con quattro semplici regolette da seguire per mettersi al riparo dagli abusivi. Piccole cautele rivolte in primo luogo al grande pubblico, ma utili anche ai titolari in prospettiva farmacia dei servizi: verificare che la laurea del professionista sia stata rilasciata da un’università italiana o abbia avuto il riconoscimento del ministero della Salute; verificare l’iscrizione dell’operatore a una delle associazioni dei fisioterapisti riconosciute per decreto ministeriale; assicurarsi che nel corso della visita sia stata richiesta la documentazione clinica del paziente; chiedere sempre la ricevuta fiscale in caso di attività libero professionale.
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